Luca Campigotto e la fotografia. È una storia lunga, quella della fotografia,

Venerdì 22 Settembre 2017
Luca Campigotto e la fotografia. È una storia lunga, quella della fotografia, perché bisognerebbe partire dalla magia laica di Daguerre nel 1839, a quel tempo apprezzata soprattutto da uomini di scienza, per giungere infine, attraverso mille malintesi e fraintendimenti, alla sua completa affermazione come nuovo ed affascinante linguaggio dell'arte contemporanea. In un processo che ha in Nadar al Salon del 1859, pur con l'opposizione di Baudelaire, la sua storica affermazione, conservando molte similitudini con le vicende dei procedimenti dell'incisione d'arte, anch'essa storicamente nata per produrre immagini, ritenuta per molto tempo una sorta di arte minore. Pur con esiti di natura formale tra i più importanti da Dürer a Rembrandt, da Piranesi a Goya e Picasso - che per fortuna oggi valutiamo tra i più significativi della lunga e complessa storia dell'arte. Per quanto riguarda il rapporto tra arte e fotografia bisogna tenere conto anche degli scritti di Walter Benjamin e delle ricerche di Man Ray negli anni Trenta. Tuttavia, in particolare con l'avvento del digitale, la riflessione permane ed è ancora in atto, anche se molte grandi rassegne d'arte sono ormai sostanzialmente fatte con grandi opere fotografiche.
Luca Campigotto è con tutta evidenza un grande fotografo e un artista perché la sua ricerca rivela chiaramente, oltre le intenzioni inevitabilmente documentarie, anche valenze fortemente estetiche. Nel suo caso non ha perciò molto senso, come ha scritto Giulio Carlo Argan già nel 1980, porsi domande sulle caratteristiche tecniche delle sue immagini, perché sarebbe come chiedere le caratteristiche della pittura ad olio a proposito del lavoro di un pittore. È dunque un artista che utilizza i mezzi tecnici del suo tempo, cioè la fotografia, come avviene peraltro per grandi video-artisti quali, per citarne solo alcuni, Nam June Paik, Fabrizio Plessi e Bill Viola. È solo nell'opera compiuta, qualunque sia il procedimento utilizzato, che si può dunque riconoscere se essa rivela un autentico valore estetico.
Per parlare di pura fotografia, concepita in bianco e nero, si può citare Blind, cioè cieco, una famosa immagine di Paul Strand, che potrebbe far dire che la fotografia è ancora un linguaggio di denuncia. Come peraltro quelle, per citare solo alcuni nomi, di Cartier Bresson ed Elliot Herwitt, Diane Arbus e Berengo Gardin, Shirin Neshat e Ferdinando Scianna. Luca Campigotto appartiene ad un altro emisfero della fotografia, quella che potremmo chiamare della grande veduta, a colori e di grande formato. Ha realizzato in questo campo immagini impressionanti di Venezia e New York, dei luoghi montani della Grande Guerra e della Cina, Pechino in particolare. Restituendo in tal modo visioni impossibili con altri mezzi, in una identificazione emotiva e culturale che testimonia davvero il suo personale sogno dell'arte.
© riproduzione riservata

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci