Le imprese del Mose battono cassa

Venerdì 21 Luglio 2017
Le imprese del Mose battono cassa
La litigiosità delle aziende rallenta i lavori del Mose? Le grandi imprese che si occupano della realizzazione della grande e chiacchierata opera che dovrebbe una volta per tutte salvare Venezia dall'acqua alta non ci stanno. Con cautela, pesano le parole nel timore di urtare la suscettibilità del controllore, ovvero del Provveditorato alle Opere pubbliche del Veneto, Roberto Linetti, che ieri sul Gazzettino ha detto chiaro che i soldi per finire il Mose ci sono, ma che sono frenati dalle liti tra imprese e Consorzio. Così le imprese puntualizzano che alcune ditte non sono mai state pagate per i servizi resi. E aggiungono che non sono disposte a farsi carico dei costi che dovrebbe sostenere lo Stato, trattandosi soprattutto di aziende che impiegano macchinari e strumentazioni specializzatissime e dalla costosa remunerazione.
«Non vediamo l'ora di finire e di andarcene da questa storia - dice Romeo Chiarotto, titolare della Mantovani - Un'impresa per sua natura ha interesse a lavorare e a essere pagata. Invece se nel 2014 avevamo crediti per 21 milioni nei confronti del Consorzio Venezia Nuova, dall'arrivo dei commissari ne abbiamo 40. Lo Stato prima pagava nel giro di sei mesi, un anno. Ora non è più così. E così non possiamo andare avanti, è ovvio. Quindi si lavora sottotono. Anche perché ai ritardi nei pagamenti dobbiamo far fronte con l'esposizione bancaria. Che comunque ha un limite, stiamo parlando di lavori per 60, 70 milioni».
Ad aggravare la vicenda anche le contestazioni da parte del Provveditorato per lavori che non sarebbero stati eseguiti a regola d'arte, considerata la necessaria maggior scrupolosità nei controlli.
«Senza dubbio dovremo arrivare a un chiarimento con il Provveditore Roberto Linetti, sono fiducioso» conclude Chiarotto.
Nel mirino delle imprese c'è poi la sottoscrizione di un atto aggiuntivo firmato dai due commissari del Consorzio e dal Provveditorato in cui sono stati rivisti alcuni parametri, come alcuni prezzi e la scelta e la valutazione di alcune opere.
«Una variazione sulla quale le imprese non sono state consultate - accusa il responsabile di uno dei consorzi che fanno parte del Consorzio Venezia Nuova - vorremmo poter collaborare di più. Alla fine il meccanismo non funziona bene, visto dalla parte delle aziende: un consorzio i cui amministratori sono scelti dallo Stato che però rappresentano delle imprese private. È come se uno dovesse approvare delle spese in casa propria fatte da altri. Per giunta il meccanismo di pagamento è sempre molto farraginoso, oltre al fatto che la disponibilità di cassa è sempre diversa dallo stanziamento. Ma anche quando i soldi ci sono non è detto che siano subito utilizzabili, perché magari salta fuori qualche intoppo, o il lavoro non è inserito nel preciso capitolo di spesa finanziato. Mentre invece quando si tratta di finanziare altre spese i soldi ci sono».
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