Il re che domina sul Tronchetto

Venerdì 19 Dicembre 2014
Il re del Tronchetto ha appena compiuto 70 anni. Otello Novello, da tutti conosciuto come il "Cocco Cinese", possiede infatti due società di navigazione che lavorano al Tronchetto, la Canal Grande srl - il 50 per cento suo e il 50 per cento della figlia Michela - e la Travel Venice Srl di cui Otello Novello detiene il 60 per cento (il 40 è della nipote, figlia di Maurizio Greggio, anche lui indagato). Sospettato di essere il plenipotenziario della banda dei cosiddetti "mestrini", il gruppo di malavitosi legato alla banda di Felice Maniero, Otello Novello non ha mai avuto guai seri con la Giustizia e più di qualche volta i suoi avvocati hanno avuto partita facile a sostenere che si tratta di dicerie, che lui non è un bandito, è semplicemente un imprenditore di successo. Su questo non ci sono dubbi visto che le sue società controllano una dozzina di lancioni granturismo, barche che arrivano a costare mezzo milione di euro l'una.
L'unica inchiesta sul Cocco Cinese risale a 14 anni fa. Nel 2000 i carabinieri del Ros accertarono che la coppia Francesco Fava e Otello Novello - universalmente noto come Cocco Cinese per i suoi tratti asiatici - teneva sotto controllo il turismo organizzato al Tronchetto. Come? Con quella che lo stesso Fava definì "cura Di Bella" in onore dell'allora famoso medico che pretendeva di aver scoperto una cura contro il cancro. La cura Di Bella - minacce e schiaffoni - viene applicata un giorno ad una guida turistica dell'agenzia spagnola Panavision. E' così che i carabinieri scoprono, già allora, che la "Canal Grande srl" aveva stretto accordi con agenzie italiane e straniere. E se c'è qualcuno, come la società di navigazione La Fenice, che fa accordi al ribasso, allora parte "la cura". Alla fine del processo, Otello Novello viene condannato ad un paio di anni di galera, ma il Tribunale non applica al Cocco Cinese l'aggravante di utilizzo di metodi mafiosi. E così in un batter d'occhio il Cocco Cinese è di nuovo al Tronchetto, a dividersi tra il parcheggio dei pullman turistici e l'imbarcadero dove attraccano i suoi lancioni. Passa la sua vita al Tronchetto e quando non è lì lo si trova negli uffici della sue società, in Corte Gibo, a Mestre, dietro Corte Legrenzi. Parcheggia il suo macchinone in piazzale Donatori di Sangue e poi si avvia, accompagnato sempre da un paio dei suoi, verso l'ufficio dove passa un paio d'ore. La sua è una vita dedicata tutta al lavoro e alla famiglia, anche se, volendo credere ai sospetti di polizia e carabinieri, la famiglia non è solo quella anagrafica e il lavoro non è solo quello ufficiale. Tanto per dire che, ma siamo sempre nel capo dei sospetti, la Squadra Mobile di Venezia a suo tempo fu bloccata dalla Procura in una indagine che riguardava proprio il Cocco Cinese il quale, nel gennaio del 1990, all'indomani dell'omicidio di Giancarlo Millo, detto "el marziàn", era sparito in fretta e furia da Venezia. Millo faceva parte della banda dei mestrini ed era stato ucciso dai fratelli Rizzi, che volevano impadronirsi della piazza dello spaccio di droga e soprattutto del turismo a Venezia. Un omicidio che sembrava rimescolare le carte della malavita organizzata in centro storico e in Terraferma. I poliziotti erano curiosi di sapere dal "Cocco Cinese" perchè avesse fatto i bagagli in tutta fretta. Temeva di essere in lista? Il magistrato però non firmò l'autorizzazione alla trasferta dei poliziotti in Toscana dove il Cocco rimase per un bel po', ospite di un lussuoso castello di proprietà di un massone legato ai servizi segreti...
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