Il patriarca striglia i sacerdoti «Non fate i battitori liberi»

Venerdì 9 Dicembre 2016
«I sacerdoti non sono battitori liberi, che si muovono in splendida solitudine». E coloro che lo fanno rischiano di risultare «figure caricaturali di preti».
Il patriarca Francesco Moraglia ha scelto la tradizionale messa per la festività dell'Immacolata nella basilica di San Marco, davanti a una platea di seminaristi, per richiamare nemmeno tanto velatamente i sacerdoti troppo intraprendenti e indipendenti. «Un prete è chiamato a vivere una reale (non teorica) comunione nel presbiterio ha detto Moraglia - Comunione fatta d'incontri, di momenti di dialogo, di preghiera, di fraternità, di condivisione pastorale; se no, è oggettivamente in contraddizione con la sua stessa identità di prete; il prete, infatti, è sempre prete con i confratelli e col vescovo; non è un battitore libero che si muove in splendida solitudine; risulterebbe una figura caricaturale di prete». Il patriarca non ha fatto alcun nome, ma viene spontaneo pensare a presbiteri come il parroco di Dese, don Enrico Torta, o meglio ancora l'ecclettico don Armando Trevisiol che proprio recentemente si è schierato in favore dello sposalizio dei preti, venendo in soccorso all'ex parroco don Marco Scarpa. «Il sacerdote è a servizio della Chiesa, è per la Chiesa ha sottolineato Moraglia - Il suo ministero si compie nella concreta e quotidiana comunione ecclesiale. I preti che abbiamo incontrato e ci hanno accompagnati nei momenti più importanti della nostra vita personale e familiare, non ci venivano incontro a titolo personale ma erano mandati dalla Chiesa; il prete è costituito tale dalla Chiesa e per la Chiesa». Nel corso della celebrazione sono stati conferiti i ministeri del lettorato e dell'accolitato ad alcuni studenti del Seminario patriarcale. In particolare sono diventati lettori Augusto Prinsen e Daniele Cagnati; accoliti Gianpiero Giromella, Riccardo Redigolo, Giovanni Carnio e Marco Zane. Nella sua omelia il patriarca si è rivolto particolarmente a loro e ai fedeli, sottolineando la necessità di vocazioni per il proseguo della vita della Chiesa veneziana. «I seminaristi devono essere considerati dalla comunità diocesana come una benedizione», ha detto Moraglia.
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