Aiuti al boss Galatolo, processo a Palermo per Otello Novello

Sabato 20 Maggio 2017
Si farà a Palermo il processo a carico di Otello Novello, 73 anni, detto Coco cinese, e di suo cugino, Stefano Franzanchini, 60 anni, finiti sotto inchiesta con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per il supporto che, secondo la Procura di Venezia, avrebbero garantito all'allora capo del mandamento mafioso dell'Acquasanta, Vito Galatolo, nel periodo in cui si era trasferito a Mestre, prima del suo pentimento, avvenuto nel 2014.
Lo ha disposto ieri mattina il giudice per l'udienza preliminare di Venezia, David Calabria, ritenendo che Galatolo non abbia mai costituito a Venezia, assieme a persone del luogo, una vera e propria cellula operativa autonoma, ma che la sua presunta attività illecita abbia sempre fatto riferimento alla cosca mafiosa palermitana. Di conseguenza la competenza a giudicare gli episodi finiti sotto accusa è dei magistrati di Palermo, a cui saranno trasmessi gli atti dell'inchiesta, condotta dai carabinieri del Ros e coordinata dal pm antimafia di Venezia, Giovanni Zorzi. Quest'ultimo si è battuto per mantenere in laguna il processo mentre difensori dei due imputati, gli avvocati Antonio Franchini, Massimiliano Cristofoli Prat e Gianmaria Daminato, hanno innanzitutto contestato la fondatezza delle imputazioni, sostenendo il concorso esterno in associazione mafiosa è insussistente e che, semmai, si potrebbe parlare di un favoreggiamento, reato per il quale sarebbe competente Venezia. Ma il gip non ha accolto le loro tesi.
Novello, titolare di un vero e proprio impero nel settore dei trasporti turistici è accusato di «essersi adoperato al fine di agevolare il mantenimento del boss» assumendolo nelle sue società e garantendo in tal modo una copertura lecita alle attività criminali che Galatolo proseguì a svolgere mentre si trovava in regime di Sorveglianza speciale a Mestre. Franzanchini è accusato, invece, di essersi prestato a custodire per suo conto un telefono cellulare con una scheda sim pulita e una a carta d'identità intestata ad un'altra persona, che Galatolo utilizzò per rientrare da Palermo, dove si recò in forma clandestina allo «scopo di intervenire in modo significativo sugli equilibri di potere della sua cosca palermitana».
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