LA STORIA
UDINE Un «robot» friulano per combattere il cyberbullismo.

Sabato 7 Ottobre 2017
LA STORIA UDINE Un «robot» friulano per combattere il cyberbullismo.
LA STORIA
UDINE Un «robot» friulano per combattere il cyberbullismo. Si chiama Kaitiaki, che «nella cultura maori è colui che salvaguarda», il guardiano digitale fatto di algoritmi (in futuro a pagamento) che promette di aiutare le famiglie a proteggere i loro figli dai rischi che corrono in rete, anche quelli del sexting (l'invio di testi o foto osè sul cellulare o sul web) e del linguaggio violento, controllando 24 ore su 24 i social usati dai ragazzini e lanciando l'allarme in tempo reale in caso di pericolo. In squadra con lui, un cugino gratuito (Kaitiaki Edu) pensato per le scuole, per insegnare ai giovani a riconoscere il cosiddetto hate speech di incitamento all'odio e il linguaggio dei cyberbulli.
L'IDEA
A schierare in campo le due novità, che saranno illustrate in un convegno sul tema all'auditorium Zanon di Udine il 10 ottobre alle 20.15, è «una start up innovativa a vocazione sociale formata da 9 persone, la maggior parte sotto i 35 anni. Quasi tutti di Udine, a parte me che vivo a Trieste, due di Milano, uno di Fiumicello e uno di Pordenone», come spiega il direttore operativo di Kaitiaki Fabrizio Macchia. L'idea, racconta, è nata a fine 2015, dopo l'ennesimo caso di cyberbullismo. «Secondo una ricerca del 2014 di Eu kids on line più di 11 milioni di ragazzi dai 9 ai 16 anni in Europa hanno subito atti di violenza sul web e solo il 29% dei genitori ne è venuto a conoscenza. Questo fenomeno è supportato ex ante ed ex post da enti e associazioni, prima per l'educazione e poi per il sostegno alle vittime, ma, nel mentre chi se ne occupa? Ci siamo posti questa domanda e dalla risposta è nata Kaitiaki App». «È un software as a service, che non dev'essere installato da nessuna parte». A fine aprile è stata rilasciata la prima versione gratuita ad un gruppo ristretto per il primo test, entro luglio è partito il secondo. «Finora l'hanno sperimentata gratis circa 40 famiglie, di cui 10 in Friuli. La versione definitiva - anticipa Macchia - sarà lanciata sul mercato a inizio 2018. Per usarla in futuro i genitori dovranno pagare 9 euro al mese, che potranno essere abbattuti fino al 50% in alcuni casi. Alla fine un abbonamento medio costerà sui 50 euro l'anno». Ma come funziona? «Il ragazzo clicca su un pannello quali sono i social che usa e da quel momento siamo abilitati ad entrare nei siti che frequenta. L'applicazione analizza testi e foto con modalità semantiche molto evolute e metodologie psicometriche e, se rileva un pericolo, manda un segnale di allarme ai genitori». La privacy del minore è salva, assicura: «Il sistema non permette di spiare l'attività dei ragazzi: i genitori ricevono un allarme solo in caso di attacchi o anomalie». «È un sistema di intelligenza artificiale, un robot in sostanza, che si basa su tre elementi: i big data, perché analizza una massa enorme di informazioni, il machine learning, perché autoapprende e poi una parte che simula le componenti neurali del cervello umano». Il risultato è che «legge una quantità di dati impossibile per qualsiasi essere umano a una velocità pazzesca, impara e fa collegamenti sempre più sofisticati. Al momento monitorerà testi e foto su Facebook, Instagram e Twitter. Gli altri verranno dopo. Per Whatsapp siamo in fase di test». A quanto assicura la start up, «sul mercato europeo attualmente non esistono applicazioni che permettano alle famiglie di attuare il controllo della vita on line dei loro figli senza nel contempo ledere il loro diritto alla privacy».
PER LE SCUOLE
Accanto a questa App c'è Kaitiaki Edu, che «in Italia è stata già testata da 130 scuole, 5 delle quali in regione. Questo strumento è gratuito. Statistiche alla mano, i ragazzi sono inconsapevoli del livello inappropriato o ostile delle frasi usate sui social. Durante le lezioni con l'insegnante presente, questo sistema permette di interagire in modo anonimo con il nostro robot, consentendo ai ragazzi di capire se si stanno esprimendo bene o male». Due le strade possibili. O sono gli studenti a inserire delle frasi, «magari sentite dai bulli o viste in rete», catalogandole come giuste o sbagliate e ottenendo il via libera o meno del robot Oppure, è il sistema che «propone delle frasi e chiede ai ragazzi se sono ok o no. Così non solo l'insegnante può subito avviare una discussione, ma, a fine anno, il preside ha una mappatura del livello di rischio nella sua scuola».
Camilla De Mori
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