Una riforma sanitaria che non convince. Perché, se anche l'iter è stato condiviso, sono venute meno molte promesse fatte. Per questo i sindaci, per ora quelli del distretto sud, omogenei anche per provenienza politica, hanno risposto in massa alla chiamata di Ca' Sugana. E ieri, nella sala riunioni del comando della polizia locale, hanno cercato di mettere sul tavolo i temi più caldi per organizzare delle audizioni in Regione, evitando che passi sopra le loro teste una redistribuzione che poi inevitabilmente si ripercuoterà sui cittadini, prima di tutto, e poi sui portafogli comunali, con la delega di buona parte del sociale. L'atteggiamento, però non è polemico. Si studiano proposte e correttivi.
«C'è in ballo una riforma sanitaria che non soddisfa gli amministratori, anche perché all'orizzonte si pone una rivisitazione della figura del direttore dei servizi sociali che è il tramite tra la sanità veneta e gli enti territoriali che poi assicurano i servizi sociali - spiega il segretario provinciale Pd Lorena Andreetta - se non garantiamo un servizio sanitario e sociale di livello, cosa garantiamo?». Paolo Galeano, sindaco di Preganziol, era seduto con Monia Bianchin (Ponzano) e Roberto Tonon (Vittorio Veneto): «Non possiamo permettere che venga smantellato un sistema che ha dei presìdi importantissimi per i nostri cittadini- ridadisce - Dobbiamo fare bene i conti con quello che i nostri cittadini perdono o guadagnano dalla riforma».
Ma il conto delle perdite potrebbe essere presto fatto: centri diurni, supporto alla disabilità e comparto di salute mentale, lasciamo intendere i primi cittadini. «È questo il paradosso - puntualizza Paola Moro, sindaco di Monastier, con Miriam Giuriati (Casier) e l'assessore al sociale Antonella Cenedese di Silea - ho visto aumentare la quota capitale, che è la quota che noi paghiamo per ogni cittadino per garantire il sociale, e poi la riforma toglie dei servizi. La cosa ci preoccupa moltissimo». L'andazzo è tale per cui già ora sono intervenuti gli erari comunali per preservare alcuni servizi di supporto al disagio adolescenziale e all'handicap. È l'esempio della cooperativa Alternativa a Maserada: «Per mantenere in vita i supporti alla disabilità che la cooperativa - garantisce - ci siamo tassati noi. Abbiamo infatti dovuto rivedere la quota capitaria: ci era stato chiesto un aumento di 2,50 euro pro capite. Ci siamo opposti e siamo riusciti ad ottenere l'aumento di un euro, ma il Comune si è addossato parte dei costi». I comuni però, con la legge di stabilità e la progressiva decurtazione dei finanziamenti ministeriali, hanno le mani sempre più legate. E, se la Regione punta tutto sul servizio sanitario a discapito del sociale, le ripercussioni non tarderanno a manifestarsi. «Sarà sempre più difficile - conclude Pieranna Zottarelli, sindaco di Roncade - mantenere il livello di sicurezza sociale e le buone pratiche di supporto alle famiglie con disabili fisici e psichici. E non vogliamo perdere quanto costruito con fatica in tanti anni».
«C'è in ballo una riforma sanitaria che non soddisfa gli amministratori, anche perché all'orizzonte si pone una rivisitazione della figura del direttore dei servizi sociali che è il tramite tra la sanità veneta e gli enti territoriali che poi assicurano i servizi sociali - spiega il segretario provinciale Pd Lorena Andreetta - se non garantiamo un servizio sanitario e sociale di livello, cosa garantiamo?». Paolo Galeano, sindaco di Preganziol, era seduto con Monia Bianchin (Ponzano) e Roberto Tonon (Vittorio Veneto): «Non possiamo permettere che venga smantellato un sistema che ha dei presìdi importantissimi per i nostri cittadini- ridadisce - Dobbiamo fare bene i conti con quello che i nostri cittadini perdono o guadagnano dalla riforma».
Ma il conto delle perdite potrebbe essere presto fatto: centri diurni, supporto alla disabilità e comparto di salute mentale, lasciamo intendere i primi cittadini. «È questo il paradosso - puntualizza Paola Moro, sindaco di Monastier, con Miriam Giuriati (Casier) e l'assessore al sociale Antonella Cenedese di Silea - ho visto aumentare la quota capitale, che è la quota che noi paghiamo per ogni cittadino per garantire il sociale, e poi la riforma toglie dei servizi. La cosa ci preoccupa moltissimo». L'andazzo è tale per cui già ora sono intervenuti gli erari comunali per preservare alcuni servizi di supporto al disagio adolescenziale e all'handicap. È l'esempio della cooperativa Alternativa a Maserada: «Per mantenere in vita i supporti alla disabilità che la cooperativa - garantisce - ci siamo tassati noi. Abbiamo infatti dovuto rivedere la quota capitaria: ci era stato chiesto un aumento di 2,50 euro pro capite. Ci siamo opposti e siamo riusciti ad ottenere l'aumento di un euro, ma il Comune si è addossato parte dei costi». I comuni però, con la legge di stabilità e la progressiva decurtazione dei finanziamenti ministeriali, hanno le mani sempre più legate. E, se la Regione punta tutto sul servizio sanitario a discapito del sociale, le ripercussioni non tarderanno a manifestarsi. «Sarà sempre più difficile - conclude Pieranna Zottarelli, sindaco di Roncade - mantenere il livello di sicurezza sociale e le buone pratiche di supporto alle famiglie con disabili fisici e psichici. E non vogliamo perdere quanto costruito con fatica in tanti anni».