«Mio figlio soffre»: sciopero della fame

Lunedì 27 Giugno 2016
«Mio figlio sta male. Non riesce più a gestire una situazione psicologicamente ed emotivamente devastante. Fate qualcosa in fretta. Ne va del suo equilibrio psicofisico», è l'accorata lettera che una madre 40enne, residente nella Sinistra Piave, alla quale 3 anni fa è stato tolto il bambino che ora ha quasi 7 anni, ha scritto al presidente del Tribunale dei minori di Venezia. «Da settimane attendo inutilmente la fissazione dell'udienza - aggiunge disperata -. Da oggi non mangio più. Inizio uno sciopero della fame».
È una storia angosciante quella che ha per protagonista la donna. Un incubo iniziato poco meno di 3 anni fa. «Il calvario - spiega lo psicologo infantile Fabio Benatti che assiste la mamma con l'avvocato Emanuela Vinci - scatta quando il nonno del bimbo chiamò il Telefono azzurro, segnalando che la madre aveva problema alimentari (bulimica e anoressica) e psicologici. Non solo. Avrebbe avuto abitudini sessuali promiscue e spesso si sarebbe data all'alcol». Il Telefono Azzurro informò doverosamente il Tribunale dei minori. E per la mamma, che aveva avuto il bimbo da una relazione prematrimoniale, inizia l'incubo. «I giudici - precisa Benatti - senza svolgere accertamenti, tolsero il bambino alla madre e lo affidarono alla nonna. Un provvedimento che venne eseguito con metodi altrettanto brutali di quello, passato alle cronache, di Cittadella. Intervennero i carabinieri e strapparono il figlioletto alla madre. L'unica differenza con Cittadella? Non c'erano le telecamere».
A quel punto iniziano due odissee per la mamma 40enne che, ritenendosi accusata ingiustamente, si affida ai propri consulenti e segue un percorso per dimostrare l'infondatezza delle accuse. «Nel frattempo - puntualizza lo psicologo forense Benatti - il padre biologico, un noto professionista in ambito sanitario, che per 4 anni era stato latitante ed aveva riconosciuto di malavoglia la paternità, chiede a sua volta l'affidamento del bambino. Per il minore a trauma si somma trauma perché i servizi sociali, in modo crudele, gli dicono: "Questo è il tuo vero papà". Ma il bimbo aveva sempre chiamato papà l'uomo che viveva con la mamma».
Nel frattempo la vicenda sembra prendere una piega positiva per la donna: «Le relazioni dei medici del Sert, dopo un lungo percorso, non lasciano spazi a dubbi. La mamma - aggiunge Benatti - non ha né ha mai avuto problemi alimentari né dipendenze con l'alcol. Le prove? Le analisi scientifiche che lo escludono categoricamente. Non solo. Gli psicologi pubblici (non di parte) giungono a risultati analoghi in relazione all'accusa di promiscuità sessuale. Emerge che la donna ha avuto una relazione extraconiugale, confessata al marito. Un periodo difficile che la coppia ha superato positivamente, tanto che vivono ancora insieme».
A quel punto l'avvocato e lo psicologo che seguono la donna presentano quei risultati al Tribunale dei minori, chiedendo una perizia super partes. «Ci dicono subito sì - puntualizza Benatti -. Viene nominato uno psicologo di Padova (altri ne nominano il papà naturale e la nonna), mentre per la mamma ci sono io. E qui inizia una vicenda che definire paradossale è poco. Lo psicologo di Padova dice di essere uno specialista per gli adulti e di non sapere niente di bambini. Nomina, senza che abbia firmato davanti al giudice, un suo ausiliario. Il tempo passa e non si arriva a nulla. Fino a dicembre 2015 quando le insegnanti informano la nonna e la madre (che da sola può vedere il figlio solo in un ambiente protetto, ma ottiene l'autorizzazione a frequentarlo in poche occasioni se sono presenti altri adulti) che il bambino presenta sintomi di un forte disagio. Il rendimento scolastico del bimbo è scemato, ma non solo. Guarda caso proprio nel periodo che la battaglia per l'affidamento prende strade molto conflittuali».
I consulenti della mamma chiedono così un incontro urgente allo psicologo padovano nominato dal giudice dei minori. «Nonostante decine e decine di mail, telefonate ed sms - conclude Benatti - il collega non si fa trovare per oltre 4 mesi, incurante della situazione psicologica del bimbo. Poi riappare e spiega di aver avuto un lutto in famiglia. Fissa un incontro che, però, va a vuoto perché non aveva informato i consulenti della nonna e del padre biologico. Finalmente ci incontriamo e fa presente l'intenzione di affidare il bimbo al padre naturale perché la mamma ha problemi d'alcol, alimentari e una vita sessuale troppo aperta. Nella sostanza la domanda del giudice diventa la sua verità». Poi la richiesta di una verifica urgente della situazione al giudice dei minori, ma risposta tarda ad arrivare. La madre, disperata, così prende carta e penna e scrive al presidente del tribunale: «La salute psicologica di mio figlio è la cosa più importante - spiega -. Lui sta male. Fate qualcosa in fretta». E per far capire quanto sia urgente il dramma che sta vivendo il figlioletto, inizia a non mangiare più.

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