«La nostra città si apre al nuovo»

Lunedì 8 Maggio 2017
«La nostra città si apre al nuovo»
Piazza dei Signori, ore 16: folla delle grandi occasioni e 167 bambini cantano a squarciagola Fratelli d'Italia, con l'elmo di Scipio e tutte quelle rime oscure ai più. Si chiamano Ibrahim, Maja, Said, Mohamed, Carlos, Goran. Fanno parte del coro multietnico delle scuole Primo Maggio, e tocca a loro aprire la festa più colorata del calendario trevigiano, quella della cittadinanza. 238 gli aventi diritto: giacchetta, vestito tutù in voile, complicati chignon e treccine come se non ci fosse un domani.
E mentre il senato tiene nel cassetto la legge sulla cittadinanza dei bambini stranieri nati in Italia. E mentre persino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella tira le orecchie alla politica per le lungaggini e i ritardi, Treviso da 4 anni ha deciso che la cittadinanza può iniziare da un diploma. Che aiuta a sentirsi più italiani, più simili agli altri, in attesa che la legge si metta al passo coi tempi.
«È il quarto anno che ci incontriamo - scandisce l'assessore all'educazione Anna Caterina Cabino - E questa piazza è sempre più piena e sempre più bella. Treviso is open è il brand che adesso la città ha.
Aperta al nuovo, al cambiamento, all'accoglienza, alla ricchezza che ci viene dalle persone. Dare compiuta attuazione al diritto di bambini che sono nati in Italia: questa è una realtà che reclama un riconoscimento».
Emozionato per una piazza gremita e accogliente è Modou Diop, vicepresidente consulta regionale per l'immigrazione: «È questa l'Italia che noi della prima generazione abbiamo sempre sognato - confessa - e l'amministrazione di Treviso ha un grande coraggio - sottolinea - se tutti i 94 comuni della Marca trevigiana avessero questo coraggio insieme alla Regione, il lavoro per arrivare alla legge sarebbe più facile».
A rappresentare la comunità straniera più popolosa in città, il Kosovo, è Sonja Ilic che, insieme ad altre famiglie ha fondato nel 2009 Balkan espress, in aiuto ai cittadini della ex Jugoslavia: «Crediamo che l'integrazione passi attraverso la cultura, per questo abbiamo costituito un gruppo di danze e canti del folklore».
Poi la scena è tutta per i nuovi trevigiani. A brandire, fieri, il proprio diploma in pergamena.

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