«Stesi a terra con le pistole puntate»

Giovedì 8 Dicembre 2016
«Stesi a terra con le pistole puntate»
Rodigino sequestrato per tre ore dalle forze speciali della Polizia a Kiev. Una disavventura che resterà per sempre nella mente di Antonio Monesi, noto imprenditore polesano che martedì si trovava nella capitale ucraina. Quel che più ha spaventato il numero uno della Bellelli Engineering, che è riuscito a mantenere la calma nonostante la situazione critica, è che in un primo momento pensava di trovarsi nel bel mezzo di un attacco terroristico. Monesi si trovava assieme a due amici ucraini e a un algerino con passaporto francese in un ristorante di Kiev, il Shekavica, in una zona centrale della capitale, non in un quartiere periferico.
«Eravamo nel bar adiacente al locale dove avevamo consumato una piacevole cena, quando siamo stati letteralmente presi in ostaggio dalla polizia per circa tre ore, senza alcun motivo» racconta l'imprenditore. Il rodigino si trovava nel Paese dell'Est Europa da qualche giorno per motivi di lavoro, che spesso lo spingono all'estero per concludere importanti affari internazionali.
«A un certo punto, mentre stavamo chiacchierando, sono entrati questi uomini completamente vestiti di nero, con il volto coperto da una specie di passamontagna che lasciava intravedere solamente gli occhi. Avevano le pistole puntate e hanno iniziato a urlare. Non conosco il russo, quindi non capivo cosa dicevano, ma ho visto che tutti gli altri avventori si distendevano a terra e così l'ho fatto anch'io».
Momenti di terrore perché «vista la situazione, sapendo che l'Ucraina non è un paese proprio tranquillo, temevo fosse chissà quale milizia armata pronta a fare un attacco - spiega Monesi - Invece, poi, dopo 10 minuti a terra, ci hanno fatto risedere al nostro tavolo e ho potuto vedere dei numeri identificativi sulla divisa. A quel punto ho capito che non erano terroristi e uno dei nostri amici ucraini mi ha spiegato che si trattava di forze speciali della polizia».
Per quale motivo sia avvenuto un blitz così violento, Monesi non lo sa: «Quando è finito tutto mi sono rivolto all'ambasciata italiana. Mi hanno detto che ieri sera (martedì, ndr) c'era una partita di Champions League tra la Dinamo Kiev e Besiktas, una squadra turca, e sono avvenuti dei disordini. Possibile, dunque, che la polizia stesse cercando qualcuno tra i tifosi violenti». Per l'imprenditore polesano, in ogni caso, nulla potrebbe giustificare un trattamento del genere: «Siamo stati presi letteralmente in ostaggio. Ci hanno tenuti prima a terra e poi seduti sulle sedie per tre ore, fino a notte fonda (il blitz è avvenuto intorno a mezzanotte, ndr), ci hanno puntato le pistole addosso e impedito di usare il cellulare, ci hanno sequestrati e tenuti lì contro la nostra volontà, senza volerci nemmeno ascoltare. Hanno fatto finta di non sapere l'inglese».
Per fortuna, però il rodigino era con due madrelingua russi: «A un certo punto siamo riusciti a far capire loro che eravamo stranieri e volevamo parlare con la nostra ambasciata. Ci hanno tenuti lì ancora un po' e poi ci hanno lasciato andare dopo altre proteste racconta l'imprenditore - Non ho perso la lucidità e ho cercato di stare tranquillo, ma sono stati momenti molto difficili».
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