Renzi parte civile contro i venetisti

Sabato 1 Ottobre 2016 di Nella vicenda coinvolti anche i polesani Erika Pizzo, la madre Maria Luisa e Marco Ferro
La Presidenza del Consiglio di ministri ha chiesto la costituzione di parte civile nel processo sui 48 «secessionisti» indagati per terrorismo, ma l'udienza preliminare di ieri di fronte al gup del Tribunale di Brescia è stata rinviata al 3 marzo per decidere se accogliere o meno l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall'avvocato Luca Azzano Cantarutti, uno dei difensori dei venetisti sotto accusa, poi fatta propria anche da alcuni dei colleghi che hanno chiesto che l'indagine passi nelle mani della Procura distrettuale di Venezia e il giudizio sia affidato al Tribunale di Rovigo.
Il pm ha chiesto il rinvio a giudizio, con la pesante accusa di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico, per i 17 organizzatori e i 31 partecipanti del gruppo «L'Alleanza» che, si legge nel capo d'imputazione, aveva il proposito di compiere atti di violenza come l'occupazione militare di piazza San Marco a Venezia per costringere i poteri pubblici a concedere l'indipendenza al Veneto e ad altre Regioni del Nord Italia determinando lo scioglimento dell'unità dello Stato.
«Rivendicare l'indipendenza non può essere considerato un reato», rimarca l'avvocato Cantarutti, a sua volta indipendentista, che aggiunge di essere «dispiaciuto ma non sorpreso che Renzi abbia deciso di costituirsi parte civile, confermando la volontà di bastonare il Veneto, con il presidente Zaia che, infatti, ha compiuto la scelta opposta».
«Non ci possono giudicare perché non siamo italiani, non li riconosciamo e sono abusivi sui nostri territori», hanno ribadito alcuni dei componenti del gruppo eterogeneo che sogna l'indipendenza, mentre davanti al tribunale una cinquantina di venetisti ha inscenato una manifestazione di solidarietà nei confronti dei «patrioti» indagati. Fra i quali figurano anche Erika Pizzo e la madre Maria Luisa Violati, di Arquà Polesine, accusate di essere fra le organizzatrici, nonché il marito della Violati, Marco Ferro, ritenuto un semplice partecipante. In realtà, parte dell'inchiesta è già stata azzoppata, perché nello stralcio già inviato per competenza alla Procura di Rovigo, riguardante la presunta costruzione dell'arma da guerra, il fantomatico «tanko», ovvero la ruspa blindata trovata due anni fa a Casale di Scodosia, con la quale progettavano di compiere l'azione in piazza San Marco e sulla quale stavano montando due cannoncini, la perizia balistica eseguita dai consulenti nominati dal gip Pietro Mondaini ha dimostrato che il «carro armato» poteva sparare, ma con scarsa capacità offensiva, tanto da non poter essere considerata arma da guerra. L'udienza preliminare per questo stralcio ancora non è stata fissata.
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