I centri per l'impiego danno scarsi risultati

Lunedì 23 Gennaio 2017
I centri per l'impiego danno scarsi risultati
Il problema dei cosiddetti Neet va di pari passo con la difficoltà di trovare lavoro. Un problema che l'Unione europea si è proposta di affrontare con il piano di contrasto alla disoccupazione giovanile denominato Youth guarantee, in Italia Garanzia giovani, con investimenti nelle politiche attive di orientamento, istruzione e formazione, e inserimento al lavoro. In Veneto, dall'esordio nel maggio 2014 fino allo scorso dicembre, vi sono state 73.212 adesioni di giovani, oltre la metà dei quali ragazze (52 per cento) e la fetta maggiore nella fascia d'età 20-24 anni (44 per cento). Circa 30mila, il 37 per cento ha abbandonato, mentre in 49.503 casi è stato stipulato il Patto di servizio, una sorta di programma personalizzato che si conclude generalmente con un tirocinio. In oltre duemila casi il percorso si è interrotto prima della scadenza: meccanismi non semplicissimi e non molto conosciuti.
A Rovigo hanno partecipato 3.661 giovani, il 7 per cento della quota regionale. «Quello dei Neet è un problema gravissimo. E il nodo è la rassegnazione», commenta il segretario provinciale della Cgil, Fulvio Dal Zio. Un'analisi che sembra confermata nei numeri: per la maggior parte degli under 30 la formazione viene considerata inutile, «perché il mercato del lavoro sembra offrire loro solo occupazioni precarie e non in linea con le aspirazioni». In una ricerca di qualche tempo fa a livello nazionale, proprio la Cgil notava come «solo il 2,7 per cento dei giovani trova lavoro attraverso i centri per l'impiego. Il 38,1 trova lavoro grazie ad amici, parenti e conoscenti».
Garanzia giovani doveva servire proprio a invertire questa tendenza, mettendo insieme domanda e offerta. Ma quest'ultima sembra sempre minore e sempre meno allettante. «Serve un piano per il lavoro, con investimenti pubblici nota Dal Zio - per creare posti di lavoro qualificati. In questa direzione va anche la battaglia referendari sui vaucher. Uno strumento che doveva servire per far emergere le occupazioni in nero, i lavoretti occasionali e quelli stagionali, che invece si è trasformato in un mezzo per frammentare ancora di più l'occupazione, facendo crescere la precarietà e finendo per fornire perfino uno scudo al lavoro nero». Concludendo, Dal Zio evidenzia come «la situazione del Polesine, pur migliore che in altre parti del Paese, è la peggiore del Veneto. Questo dovrebbe spingere chi governa ad assumere iniziative idonee. Invece anche lì sembra regnare la rassegnazione».

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