VENEZIA IL TURISMO

Lunedì 14 Agosto 2017
A San Samuele, nel sestiere di San Marco, è rimasto solo un negozio di alimentari a presidiare calli e campielli. Si chiama De Rossi. È lì da 15 anni e già la zona antecedentemente si era trasformata. «Mi raccontano che c'erano negozi di vicinato - racconta il titolare - e molte botteghe artigiane. Ora è sparito tutto a favore di piccole gallerie d'arte e negozi di oggetti d'arredamento. Ogni porta è un Bed & breakfast ed anche se qui non ci sono grandi flussi turistici, assistiamo al passaggio di visitatori con i trolley ad ogni ora del giorno».
Aggiunge una signora, personificazione della tipica veneziana esasperata, che brontola ma non vuole esporsi con nome e cognome: «Nel sestiere non si passa più, non si cammina: fiumi di comitive e mai un poliziotto o un vigile a garantire la sicurezza. Anche se li chiami non vengono. San Samuele non esiste più e tutti se ne vanno».
Sembra darle ragione Antonella, che gestisce il chiosco di giornali in campo Santo Stefano: «Anche io, come tanti, ho messo la mia casa in vendita. Non si può più vivere: ho un B&B sopra il mio appartamento, uno sotto, e due a fianco. Anche con tutta la più buona civiltà, ci sono disturbi ad ogni minuto. Un'amica, nella mia stessa situazione, non riesce più a dormire ed è inutile chiedere alle agenzie di non far arrivare i turisti nelle ore notturne. È una molestia continua, che incide sulla vita dei pochi residenti rimasti. Poi ci meravigliamo che se ne vanno; non ce ne andiamo di nostra volontà, siamo praticamente scacciati».
Calle del Spezier, strettissima ed unione fra Santo Stefano e campo San Maurizio, direttrice piazza San Marco, rappresenta una strozzatura quasi invalicabile, tappata dal via vai di turisti. Dal lato opposto, il nome calle delle Botteghe sembra irridere, perché di botteghe, secondo un'accezione risalente a non più di 30 anni fa, non c'è più nemmeno l'ombra: ristorantini, rivendita di liquori e vini, mobili antichi ed oggetti darte. Calle della Mandola si salva, con qualche negozio di vicinato, compresa una libreria. La prima parte della calle è tutta in mano ai cinesi, solo verso campo Manin troviamo qualche esercizio veneziano, come il negozio di filati Lellabella, presente nella zona da 19 anni, gestito da mamma Elsa e dalla figlia Monica. «Sembra quasi una strategia pianificata - dicono - distruggiamo Venezia e salviamo e miglioriamo Mestre e terraferma. Anche le grandi navi sono un falso problema: questa mattina alle Zattere hanno attraccato in un'ora 14 lancioni, facendo sbarcare ciascuno 300 turisti. Quello non è moto ondoso?». Verso San Marco, calle dei Fabbri è tutta cinese, mentre calle dei Fuseri lo sta diventando. Poi la Piazza, con i noti problemi di abusivismo, decoro, microcriminalità.
«Oramai di residenti siamo rimasti così in pochi che possiamo chiamarci per nome». Paolo Tagliapietra è nella sua ricevitoria in calle della Bissa. È vissuto e lavora fra campo San Bartolomeo e San Lio, conoscendone ogni pietra. «Negozi di vicinato? Mi sembra di essere rimasto il solo ad offrire un servizio a quei pochi che abitano ancora da queste parti. A San Lio c'erano un'infinità di botteghe. Sono diventate tutte bar e piccole trattorie, oltre che negozietti di cinesi con le chincaglierie. La maggior parte delle trattorie si dotano di affittacamere nei piani superiori e San Lio si è trasformato in un grande B&B, con quasi tutti gli appartamenti ormai ad uso turistico. In questa situazione non è possibile nemmeno pensare ad affitti o a residenza».
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