«Un futuro per i lavoratori»

Giovedì 22 Giugno 2017
Intesa rompe gli indugi ed è pronta ad acquisire le attività di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Senza traumi sociali: gli esodi verranno gestiti solo su base volontaria e di gruppo, nessun licenziamento in vista. All'advisor del Tesoro Rothschild sarebbe anche arrivata un'offerta simbolica di Unicredit per acquisire alcune centinaia di sportelli. Solo una mossa per tacitare Ue e Bce, il vero scoglio da superare. Il governo è comunque pronto a varare un decreto lunedì. E la Borsa approva: bancari positivi ieri, il titolo di Intesa segna + 2,45%.
Il cda di ieri all'unanimità ha ufficializzato l'offerta. I paletti posti da Intesa, che offre un prezzo simbolico di 1 euro, sono molto stringenti. Anzitutto oggetto dell'interesse è un «perimetro segregato» delle due banche che esclude non solo tutti i crediti deteriorati (anche le inadempienze probabili e le esposizioni scadute) ma anche i crediti in bonis «ad alto rischio», i bond subordinati nonché «i rapporti giuridici considerati non funzionali» all'acquisizione. Altra condizione è la «totale neutralità» dell'operazione sul patrimonio (Cet1) e sulla politica dei dividendi (per quest'anno sono previsti 3,4 miliardi di cedole). La banca «esclude pertanto aumenti di capitale». I soldi che serviranno (5 miliardi) li dovrà mettere lo Stato. Come è il problema che devono risolvere in questi giorni i tecnici del ministero. Potrebbero arrivare sgravi fiscali più contributi per gestire gli esuberi di gruppo, che per le banche venete, ristrette dopo le cessioni in Italia e all'estero, sarebbero circa 2200. Ma l'operazione è di gruppo e quindi i prepensionamenti volontari da qui a 7-8 anni potrebbero diventare molti di più (si parla di 8-10mila in totale). E verrebbero gestiti a livello delle banche del territorio: nel Nordest quindi Cassa del Veneto e Cassa del Friuli Venezia Giulia.
Intesa considera anche «necessaria» una «cornice legislativa, approvata e definitiva», cioè una legge dello Stato, che garantisca la «neutralità» su patrimonio e dividendi ma anche «la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione» nonché la «sterilizzazione» dei rischi (alcune decine di migliaia di soci azzerati di Vicenza e Montebelluna non hanno aderito alla transazione delle due banche) e degli impegni legati a fatti antecedenti all'acquisizione. Il tempo stringe: il decreto del governo che sbroglia la matassa e serve a rintuzzare le obiezioni Ue è atteso per lunedì, dopo le elezioni amministrative. Il Tesoro è comunque fiducioso di poter destinare parte dei 20 miliardi a disposizione degli istituti in crisi per finanziare l'operazione.
Se per Intesa i vantaggi di un'operazione così strutturata sono innegabili, si tratterà di capire se la strada resta percorribile, anche con Bruxelles, alla luce del fatto che lo Stato, e dunque i contribuenti, dovranno farsi carico dei costi del salvataggio ricapitalizzando le banche, rilevando gli Npl e accollandosi i rischi legali. «Il punto di domanda è se il Mef sarà autorizzato a iniettare capitale nella bad bank da parte della Dg Comp» rileva Equita Sim, che stima in 2,5 miliardi i costi di una ristrutturazione che potrebbe essere coperta da risorse interne. L'escamotage per schivare diktat da Bruxelles potrebbe essere quello di negare la rilevanza sistemica di Veneto Banca e Popolare Vicenza, gestendo internamente il problema e garantendo comunque il burden sharing sia di azionisti (soprattutto il fondo Atlante che ha investito 3,5 miliardi) che dei bond subordinati (1,2 miliardi in totali, si prevede un rimborso ai piccoli risparmiatori). E sugli npl si varerà una cartolarizzazione da 10 miliardi con fondi pubblici.
Il meccanismo è ancora da definire anche se è in vista un profondo processo di ristrutturazione da parte di Intesa. In vendita metterebbe Bim, il 40% di Arca (che potrebbe finire a Bper), le banche estere, Banca Apulia e anche Banca Nuova, due istituti che avrebbero mercato. Fatti i conti, con questa impostazione gli addetti totali delle banche venete si ridurrebbero da 11mila a 6-7mila, operativi rimarrebbero circa 400 sportelli.
A favore dell'operazione, che ha trovato l'esplicito appoggio delle grandi fondazioni di Intesa, Compagnia San Paolo e Cariplo, si sono schierati tutti i sindacati. Di certo il mestiere di bancario nella nuova super Intesa dovrà cambiare. Una rivoluzione delineata proprio ieri da Giovanni Costa, consigliere di Intesa, alla presentazione del rapporto di Banca d'Italia sull'economia del Veneto: «La professionalità degli addetti del credito in futuro dovrà aumentare perché le banche saranno chiamate a essere partner delle imprese, ad affiancarle in processi decisivi come l'internazionalizzazione». Costa descrive anche l'azione di Intesa sulle sofferenze: «Abbiamo creato una task force per la gestione pro attiva dei crediti problematici». Ma ora il fronte si allarga a BpVi e Veneto Banca. Una sfida che impegnerà Intesa per anni.
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