Tutti e sei intorno ad un tavolo. Probabilmente non sarà l'ultima volta solo

Sabato 19 Novembre 2016
Tutti e sei intorno ad un tavolo. Probabilmente non sarà l'ultima volta solo
Tutti e sei intorno ad un tavolo. Probabilmente non sarà l'ultima volta solo per Barack Obama, che il saluto di ieri ai principali leader europei lo aveva messo in agenda quando sperava ancora in un risultato diverso alla Casa Bianca. Ora che invece Donald Trump si appresta a traslocare a Washington, il tono della rimpatriata tra veterani di tanti summit, di decine di G20 e di altrettanti vertici, si fa mesto. Nella spartanissima Cancelleria si ritrovano Obama, la padrona di casa Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande, i primi ministri di Spagna (Mariano Rajoy) e del Regno Unito (Theresa May) e Matteo Renzi. Per due ore fanno il punto sulle questioni che vorrebbero lasciare nell'agenda di Trump e che un po' rappresentano i punti di un atlantismo che il presidente americano sottolinea dopo che Trump in campagna elettorale ha messo in discussione persino gli assetti interni alla Nato e ha criticato più volte l'Europa.
Prima di tutto, ovviamente, le sanzioni alla Russia seguite alla vicenda Ucraina. L'Italia, all'ultimo consiglio europeo, è riuscita ad evitare che se ne predisponessero altre a seguito dei bombardamenti russi su Aleppo, ma ieri è restata in perfetta linea sposando la tesi ribadita dalla Casa Bianca, secondo la quale «le sanzioni vanno mantenute sino a quando la Russia non rispetterà gli accordi di Minsk».
L'OMBRA DI TRUMP - «Con il presidente americano abbiamo parlato di sfide di politica estera», spiega la Cancelliera al termine del vertice. Alle due ore con i colleghi europei la Merkel aggiunge i colloqui avuti a tu per tu con Obama il giorno precedente nei quali, come anche ieri, si è parlato di Libia, di Medio Oriente e di Siria. Temi ripresi ieri, ma intorno al tavolo è più volte aleggiata la figura di Trump ricca di incognite proprio sui dossier che i sei hanno affrontato. Obama, che nei suoi due mandati ha lasciato che l'Europa provvedesse a se stessa, si congeda chiedendo ai leader europei presenti di «continuare a cercare soluzioni ai problemi comuni con la prossima amministrazione degli Stati Uniti sulla base dei valori fondamentali che caratterizzano Usa e Europa come democrazie aperte». Un augurio che suona anche come una raccomandazione affinché l'Europa tenga la barra dritta sulle relazioni transatlantiche sia commerciali che militari, messe in dubbio in campagna elettorale da colui che lo stesso Obama definì come «non in grado di governare un Paese come gli Stati Uniti».
La sua «più stretta alleata internazionale in questi otto anni» lo saluta regalandogli una piramide di Natale simbolo decorativo della Germania e Obama ricambia affidando di fatto alla Cancelliera, che domani ufficializzerà la sua quarta candidatura, il compito di guidare l'Europa nei rapporti con il nuovo inquilino della Casa Bianca.
BREXIT E MIGRANTI - Compito non facile che è emerso anche ieri mattina quando la britannica May ha affrontato il problema della uscita del Regno Unito dall'Europa. Un passaggio ricco di incognite che la May ogni volta prova a sdrammatizzare sostenendo che a fine marzo, quando Londra farà valere l'articolo 50 dei trattati, «il processo sarà liscio e ordinato». Di ripartizione dei migranti «non si è parlato», ha sostenuto la Merkel, perché «c'era Obama e invece ne dobbiamo discutere tra noi». Anche se Renzi non ha fatto a meno di sottolineare come l'Europa segni il passo su un argomento sul quale, anche per l'ex commissaria europea Emma Bonino, «Bruxelles rischia di schiantarsi».
L'ultimo viaggio europeo di Obama, che oggi sarà in America Latina, si conclude con abbracci, baci e pacche sulle spalle. E una Angela Merkel che, ricandidandosi per le elezioni politiche dell'autunno del prossimo anno, ha tutte le intenzioni di sopravvivere politicamente anche a The Donald.
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