Segnali di distensione: «Daremo più autonomia»

Venerdì 22 Settembre 2017
Segnali di distensione: «Daremo più autonomia»
A migliaia, con le bandiere estelladas hanno assediato il palazzo di Giustizia della Catalogna. Nel secondo giorno di mobilitazione, al grido di «votarem!» e «No pasaran!», hanno invocato libertà per «gli eroi», i 14 funzionari responsabili dei preparativi del referendum illegale, arrestati mercoledì dalla guardia civile. E sette di questi sono tornati in libertà.
A mezzogiorno, l'inizio del sit-in permanente al quale si sono uniti cortei spontanei di studenti durante la marcia sul Tribunale. Una rivendicazione festiva, a tratti autentico tifo da stadio: «Adios Mariano Rajoy! adios, España adios!». «Il 1 ottobre voteremo con dignità e per la dignità», ha arringato la folla Carme Forcadell, presidente del Parlament, accanto a Carmen Rigau e alla ex vicepremier catalana Joana Ortega, le martiri' della causa indipendentista, già imputate per la consultazione del 9 novembre 2014. «Non siamo delinquenti, siamo gente pacifica. E resteremo qui fino a quando anche l'ultimo prigioniero politico sarà liberato», hanno promesso Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, i presidenti dell'ANC e di Omnium Cultural, capitani della chiamata pacifica alle armi del popolo estrellado'. Deciso a trasformare Barcellona, da qui al Referendum-day, in un'enorme piazza Tahrir.
Contro «l'offensiva autoritaria di Rajoy», i repubblicani di Erc, il PdeCat, ai quali si sono uniti Podemos e i nazionalisti baschi del PNV esigono misure a Bruxelles. Che ieri ha rotto l'imbarazzato silenzio, per spezzare una lancia a favore di Madrid: «Rispettiamo l'ordine costituzionale della Spagna», in seno al quale la questione catalana «potrà o dovrà essere affrontata», ha ribadito la portavoce della Commissione Ue, Margaritis Schinas.
Il Partido Popular e il Psoe manterranno invariato il discorso di fermezza in difesa della legalità costituzionale fino al 1 ottobre. E danno per liquidato il referendum, dopo che l'azione penale ha decapitato il nucleo organizzativo. Ma, anche negli ambienti governativi si comincia ad ammettere che, dal 2 ottobre, la linea immobilista lascerà il passo alla valutazione di «possibili cambi» nel modello delle autonomie, a partire dalla proposta registrata al Congresso dai socialisti.
Alla quale si oppongono, però Esquerra Republicana ma anche Ciudadanos, per ragioni opposte: «Con il Parlament paralizzato, la costituzione calpestata, non credo che Rajoy e Puigdemont siano interlocutori validi», ha chiarito il leader dei centristi catalani, Albert Rivera. Dialogo è stato offerto dal ministro di giustizia Catalá: «Siamo disposti a parlare su tutto ha detto - ma la linea rossa resta il referendum».
Se sarà ritirato, anche il titolare di Economia, De Guindos, è pronto «a modificare il sistema di finanziamento della Catalogna, perché le condizioni non sono più quelle del 2012, quando la Spagna era sull'orlo del salvataggio». Oltre alla gravissima crisi istituzionale, l'esecutivo minoritario di Rajoy fa i conti con i contraccolpi del pugno di ferro impiegato in Catalogna: i baschi del Pnv hanno attuato ieri la minaccia di negare i voti vitali per l'approvazione della Finanziaria, ai limiti della scadenza legale. Oggi non sarà licenziata dal Consiglio dei ministri. Da parte sua Carles Puigdemont, l'invitto president, ha risposto alzando la sfida: ha pubblicato i link dove ogni catalano potrà sapere dove votare il 1 ottobre.
Intanto, la pressione della piazza resta alta. Dopo le perquisizioni degli uffici della Generalitat, durate 24 ore, gli agenti della guardia civile sono dovuti uscire scortati dai Mossos d'Esquadra. Auto della guardia civile sono state imbrattate con enormi si'; si sono registrate cariche e tafferugli con i dimostranti, decisi alla resistenza passiva. Hanno incrociato le braccia anche i portuali che non riforniranno le tre navi dove sono alloggiati i 500 agenti inviati come rinforzi dal ministero degli interni. Infine la Corte costituzionale ha spiccato le prime multe personali: 6mila euro al giorno quelle comminate ai 15 sindaci elettorali incaricati delle operazioni del referendum.
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