Referendum , Zaia e Maroni: con il governo non si tratta più

Lunedì 22 Maggio 2017
Referendum , Zaia e Maroni: con il governo non si tratta più
PARMA - Luca Zaia fa il gesto dell'ombrello, il popolo della Lega esplode in un applauso, tant'è che di lì a poco il collega Roberto Maroni imiterà il governatore del Veneto. E batterà il palmo sul gomito pure lui. Siamo al Palacassa di Parma dov'è in corso il congresso del Carroccio. Dopo gli interventi dei delegati, dopo le illustrazione delle mozioni, dopo le presentazioni dei quattro candidati indipendenti alla segreteria federale (tra cui il veneto Roberto Marcato) e pure dopo il Senatùr che si allontana fischiato per aver contestato il nuovo corso salviniano che dal Po si spinge al Vesuvio e all'Etna, il palco è riservato ai big. Nell'ordine: il governatore del Veneto Luca Zaia, quello della Lombardia Bobo Maroni, quindi il segretario federale uscente e rientrante Matteo Salvini.
Zaia - che parla subito dopo Umberto Bossi e gli dedica l'applauso della platea - riesce a cucire il nuovo di Salvini con il vecchio del fondatore del Carroccio, dice che «non ci siamo dimenticati del Nord», che «il Nord è nell'oggetto sociale della Lega», ma aggiunge anche che «il primo nemico del Nord è il Nord». E ricorda cosa fece da ministro dell'Agricoltura: «La mia prima missione fu a Caserta, pochi giorni dopo il consorzio delle mozzarelle di bufala venne commissariato e ci furono anche degli arresti». Scandisce: «Questo vuol dire occuparsi del Sud». Per non dire dei conti in sanità: «Se qualcuno si lamenta della sanità veneta, mi restituisca la tessera sanitaria e vada a farsi curare in Calabria». E se qualcuno tra i nostalgici bossiani teme che il Nord passi in secondo piano, Zaia rassicura: «Il 22 ottobre in Veneto si vota per l'autonomia. E non lo facciamo per gentile concessione dello Stato: il Governo ci ha impugnato la legge, incredibilmente la Corte costituzionale ce l'ha passata e adesso a Roma insistono a dirci di non fare il referendum, trattate, trattate, ci dicono». Zaia, senza il consueto completo blu d'ordinanza ma in jeans e sneaker, scruta la platea, alza la mano destra e la batte sul gomito opposto. Trattare con Roma? «Tò». Subito dopo tocca a Maroni: «Lunedì 29 maggio, non a caso festa della Lombardia, firmerò il decreto di indizione del referendum per l'autonomia. Trattare? Tò». Secondo gesto dell'ombrello nell'arco di pochi minuti. Altra ovazione.
Tra le dieci mozioni approvate, da registrare anche quella del segretario della Lega lombarda Paolo Grimoldi per «impegnare i governatori regionali della Lombardia, Roberto Maroni, e del Veneto, Luca Zaia, a non aprire alcuna trattativa con il Governo sul tema delle maggiori forme di autonomia per le rispettive Regioni, per evitare il rischio di uno slittamento delle consultazioni referendarie».
Da Venezia è giunto poi il richiamo del presidente del consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti: «Il referendum di ottobre non è su Zaia ma sull'autonomia del Veneto. Politici e partiti passano, l'autonomia invece resta: nel Pd c'è chi vuole sabotare l'appuntamento del 22 ottobre». Zaia, del resto, era stato chiaro: «Il 22 ottobre o si va a votare, o il dossier sull'autonomia del Veneto lo chiudo io».
Al.Va.
© riproduzione riservata

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci