Piano per le Popolari I dubbi di Bruxelles

Venerdì 23 Giugno 2017
VENEZIA - (lil. ab.) E se si fossero fatti i conti senza l'oste? Se l'Ue si mettesse di nuovo di traverso rispetto all'ipotesi che lo Stato si accolli i miliardi (3,5 secondo alcuni, 6 secondo altri) necessari per ripulire le banche venete e consegnarle gratis e funzionanti a Intesa? Il dubbio si fa strada tra chi studia le carte dei protagonisti del tentativo di salvataggio di Veneto Banca e Popolare di Vicenza.
Il timore non è privo di senso. I costi a carico dello Stato italiano di un'operazione sulle banche venete nel caso in cui vengano accettate tutte le condizioni di Intesa SanPaolo si aggirerebbero intorno ai 6 miliardi di euro. La stima, secondo un analista, include la copertura del buco patrimoniale rispetto al target dello Srep, i costi della cessione dei crediti deteriorati, gli oneri per l'adesione al fondo esuberi e le ulteriori perdite sul primo semestre di quest'anno. «Dubito fortemente che un'operazione congegnata in questo modo, che scarica quasi tutti i costi sui contribuenti, superi il vaglio delle autorità europee», spiega. Il riferimento è alla Dg Comp, che non ha dato il suo via libera alla ricapitalizzazione precauzionale, che per lo Stato avrebbe rappresentato un onere minore, pari a circa 4 miliardi di euro.
La liquidazione coatta amministrativa è la procedura attraverso cui devono passare le due banche affinché il Tesoro possa chiudere il dossier assegnando le good bank a Intesa Sanpaolo. Per arrivare alla liquidazione è in primo luogo necessario che la Bce consideri i due istituti «failing or likely to fail», cioè che le due banche siano riconosciute in dissesto. A questo punto la palla passerà al Single Resolution board, l'autorità deputata alla soluzione delle crisi bancarie. All'Srb toccherà decidere se porre le banche in risoluzione, nel qual caso scatterebbe il bail in che il Tesoro mira a ogni costo a scongiurare, oppure porre le banche in liquidazione. Perché possa prevalere questa soluzione l'Srb deve sostanzialmente dire che l'importanza delle banche per l'economia nazionale non è tale da richiedere la risoluzione allo scopo di tutelare l'interesse pubblico, negando la loro valenza sistemica. A questo punto, su richiesta di Bankitalia, il Mef dovrà disporre per decreto la liquidazione coatta amministrativa.
Se l'operazione dovesse andare in porto in questi termini, sarebbero molto vantaggiosi per Intesa Sanpaolo che si dovrebbe fare carico solo del rilancio operativo e commerciale delle due banche, rafforzando le proprie quote di mercato non solo nel Nordest. L'operazione, per gli analisti di Equita, che in realtà richiederebbe un intervento dello Stato per 3,5 miliardi, «può accelerare la crescita di Intesa Sp. Sembra ragionevole - sottolineano - che un accordo informale sia già stato negoziato». È una prospettiva invece «troppo bella per essere vera» per gli analisti di Mediobanca Securities, «che porta a un aumento dell'utile per azione del 6% e virtualmente zero rischi».
Equita stima che «le nuove banche potrebbero generare un utile 2020 di circa 390 milioni», grazie a 690 milioni di sinergie. Per Intermonte l'operazione è «accrescitiva» del capitale di Intesa, grazie alla migrazione sui modelli interni della banca (35 punti base di Cet1) e all'utilizzo di 730 milioni di crediti fiscali (25 punti base). Con la disponiblità di Intesa, notano dal Credit Suisse, si è creata «una situazione vincente sia per Intesa Sanpaolo e sia per le altre banche italiane», visti i minori rischi sistemici, e gli attivi delle due banche venete siano stati già scandagliati e «non dovrebbero nascondere ulteriori perdite». Gli analisti di Mediobanca vedono ancora «alcune incertezze», tra cui il «timbro dell'Unione europea sui dettagli dell'operazione» e l'abilità del Governo di «impostare rapidamente un decreto che fissi le condizioni». Decreto ad hoc oppure emendamento, da inserire nel decreto che ha sospeso il rimborso del bond di Veneto Banca varato la scorsa settimana e già all'esame del Parlamento.
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