Matteo: nessuna rivincita adesso ripartiamo insieme

Lunedì 1 Maggio 2017
«È un risultato impressionante, oltre ogni aspettativa. Ma non è una rivincita, qui comincia una storia totalmente nuova. Questo è un nuovo inizio». Alle undici di notte Matteo Renzi affronta telecamere a taccuini. E' «felice», euforico, «commosso». Il nuovo segretario del Pd vola su percentuali che lo danno oltre il 70% di quasi due milioni di votanti alle primarie. Ma per Renzi non è un punto d'arrivo. E' un punto di partenza. Per provare, «quando ci saranno le elezioni...», a raggiungere il 40% e strappare il premio di maggioranza con cui tornare al governo. Da solo. «Noi vogliamo fare una grande coalizione con i cittadini, non con i presunti partiti che non rappresentano neppure se stessi. Non sappiamo quando andremo a votare, ma ci dovremo andare con un partito molto più radicato. Spalanchiamo i circoli, andiamo a parlare con la gente. Il populismo si sconfigge non con le élite, ma con il popolo».
«E' una responsabilità straordinaria! Grazie di cuore a questa comunità di donne e uomini che credono nell'Italia. Avanti, insieme», aveva scritto poco prima Renzi su Istagram, postando biglietto firmato da lui e da Maurizio Martina. Insomma, via l'io. Avanti con il noi. Tant'è, che sulla terrazza del Nazareno, Renzi ha voluto accanto a sé i militanti e ha ringraziato uno a uno i suoi consiglieri e collaboratori. «Questo non è un partito di uno solo, lo dimostrano i due milioni di votanti. Umiltà e responsabilità». La lezione del 4 dicembre forse è servita.
Lontano da telecamere e taccuini, Renzi parla già di futuro. Un po' come aveva fatto su Fb a urne appena chiuse: «Ho vissuto 5 mesi difficili, volevo davvero mollare tutto. Ma magari, come canta Ligabue, merito un nuovo futuro». E nei prossimi mesi il segretario del Pd, legittimato in modo massiccio dal popolo delle primarie dopo la devastante sconfitta del referendum, ha confidato di essere determinato a farsi sentire. A far valere per intero la sua «leadership forte» (Franceschini docet) e il suo peso di principale azionista del governo. «Del resto la faccia ce la mettiamo noi. Se Gentiloni fa male, il prezzo lo paga il Pd...», sussurrano al Nazareno. E il nuovo vicesegretario Maurizio Martina: «Siamo protagonisti dello sforzo di governo, il governo è al nostro fianco».
Renzi sarà, insomma, una sorta di premier ombra. Ruolo del resto cui non era mai sfuggito, neppure dopo le dimissioni: i niet contro l'aumento dell'Iva e della benzina, ratificati venti giorni fa da Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan nella manovrina da 3,4 miliardi sono lì a dimostrarlo.
Il primo step del segretario - che ha ricevuto le congratulazioni telefoniche del premier in missione in Kuwait - sarà cercare di trovare una soluzione per scongiurare il fallimento di Alitalia. Renzi non ha alcuna intenzione di arrivare alle elezioni portandosi sulle spalle il licenziamento di «migliaia di lavoratori». Ma, allo stesso tempo, non intende neppure «metterci soldi pubblici». Mossa altrettanto impopolare. Così la soluzione che sta prendendo corpo è quella di spingere i futuri commissari della compagnia aerea, Gubitosi e Laghi, a stilare un nuovo piano industriale offrendo una garanzia pubblica tale da invogliare l'arrivo di qualche compratore. «Fondi d'investimento o compagnie aeree. E senza fare di Alitalia uno spezzatino».
La madre di tutte le battaglie sarà però la manovra economica di autunno. Uno scoglio estremamente pericoloso a pochi mesi dalle elezioni, con 19,5 miliardi da trovare solo per sterilizzare l'aumento dell'Iva. Tant'è, che Renzi sarebbe ancora tentato di andare al voto in settembre (se mai riuscisse a ottenere la legge elettorale) per timonare lui stesso la barca del governo tra i marosi. Ma siccome la riforma elettorale è impresa complicatissima («non ho la maggioranza in Parlamento per farla»), nel ruolo di premier ombra sarà lui a dettare le mosse a palazzo Chigi. La prima: contrattare con Bruxelles un accordo «per avere maggiore spazio di deficit con cui promuovere gli investimenti e il taglio delle tasse alle famiglie». La seconda: tentare «un'operazione straordinaria di finanza pubblica per abbattere il debito». Probabilmente con il ricorso alla Cassa depositi e prestiti e con «una soluzione choc sul patrimonio immobiliare». Per il reddito di cittadinanza, invece, Renzi dovrà attendere la prossima legislatura. Sempre se riuscirà a spuntarla alle elezioni.
Parlare di voto, significa parlare di legge elettorale. Per giorni il segretario ha detto che «tocca agli altri fare la proposta, il fronte del No in Parlamento ha ormai la maggioranza...». Ma adesso Renzi prenderà l'iniziativa. Obiettivo: provare a strappare un minimo di maggioritario in grado di garantire governabilità e scongiurare le larghe intese dopo le elezioni. Come? Trattando sia con i Cinquestelle, sia con Forza Italia. Rompere con Silvio Berlusconi, infatti, renderebbe poi difficile qualsiasi alleanza post-elettorale se a prevalere (com'è probabile) fosse il sistema proporzionale puro.
Il primo test per la nuova leadership è comunque vicinissimo. L'11 giugno, come ricorda Matteo Ricci, «saranno chiamati al voto oltre 10 milioni di persone un oltre 10 mila comuni». Una sconfitta non sarebbe un può viatico.
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