Ma Intesa è pronta a investire

Venerdì 23 Giugno 2017
Ma Intesa è pronta a investire
Banca Intesa sarebbe pronta anche a fare uno sforzo concreto per salvare le ex Popolari venete e a mettere in campo un paio di miliardi per il rilancio. Risorse che verrebbero recuperate dai vantaggi fiscali incorporati nelle banche venete (1,2 miliardi) e dai contributi pubblici per gli esuberi che verrebbero trattati a livello di gruppo e non di singoli istituti, portando quindi l'occupazione complessiva a scendere decisamente di circa 8mila unità, un terzo circa nel perimetro di Popolare Vicenza e Veneto.
Una riunione ieri sera tra Banca d'Italia, Intesa e ministero dell'Economia ha fatto il punto del progetto che dovrà essere fissato da un decreto atteso per lunedì e che soprattutto dovrà passare al vaglio di Bruxelles. Un intervento diretto di Intesa potrebbe sciogliere i dubbi dell'Antitrust europeo acquietato anche dalla riduzione del rischio sistemico. In pratica le due banche, che potrebbero mantenere le loro insegne anche sotto Intesa, non sarebbero più così ingombranti a livello europeo e la loro vendita a Intesa, istituto che in Bce gode di grande credito, finirebbe per essere gestita come un affare interno tutto italiano. A Roma si respira ottimismo sulle trattative con Bruxelles. Tra l'Italia e l'Ue «c'è un filo diretto continuo sulle banche», ha detto ieri il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, «penso che si stia lavorando nella direzione giusta». Ma c'è chi è scettico: il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, chiede addirittura le dimissioni del ministro dell'economia Pier Carlo Padoan e il leader degli ex Pd Pierluigi Bersani afferma: «Che ora lo Stato ci mette 10 miliardi fa male al cuore».
Per la bad bank (o le bad bank se BpVi e Veneto Banca rimanessero divise e la fusione saltasse) si potrebbe utilizzare la liquidazione ordinata, un processo che le faccia uscire gradualmente dal mercato, senza far scattare la traumatica procedura europea di risoluzione con il bail-in, che colpisce azionisti, obbligazionisti e risparmiatori con oltre 100mila euro in conto corrente. Con la liquidazione ordinata a pagare però sarebbero i detentori di bond subordinati e le banche sarebbero praticamente congelate, dovrebbero gestire solo le attività esistenti. Lo Stato investirebbe le sue risorse (5 miliardi) per gestire le sofferenze e i crediti a rischio andando a realizzarli con più tempo come fatto in passato per il Banco di Napoli (le cui attività sono state acquisite guarda a caso da Intesa). Ma si andrebbe anche a risarcire una parte di risparmiatori colpiti da questa liquidazione controllata come già fatto per gli obbligazionisti di Etruria, Ferrara, Marche e Chieti.
Una cosa è certa: fallita la ricapitalizzazione precauzionale, la strada alla quale si stava lavorando da mesi, in campo per salvare quel che rimane di Popolare Vicenza e Veneto Banca c'è solo Intesa. Che potrebbe mettere sul piatto il suo impegno a gestire gli esuberi e anche a rilanciare le banche con un investimento diretto che possa tacitare i malumori dei 210mila vecchi azionisti delle due venete che le perplessità di Bruxelles su un aiuto troppo smaccato all'istituto con quartier generale a Milano e grande presenza nel Nordest dove ha ereditato le attività di Cassa Padova Rovigo e Cassa Udine Pordenone e ora è attiva con Cassa del Veneto e Cassa del Friuli Venezia Giulia. Le associazioni del coordinamento Don Torta, Noi che credevamo nella BpV e Movimento difesa del cittadino però lanciano una proposta provocatoria: «Compriamo noi Popolare di Vicenza e Veneto Banca. E offriamo il doppio di Banca Intesa: due euro».
© riproduzione riservata

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci