La Cina apre ma resta il gelo

Martedì 15 Novembre 2016
NEW YORK - Stretta di mano amichevole e colpi bassi sotto la cintura: i rapporti tra gli Usa e la Cina ripartono con un doppio binario dopo l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Nella prima intervista televisiva dopo il voto, Trump aveva dimenticato, o forse omesso di citare il presidente cinese, tra i capi di stato che lo avevano chiamato per presentargli le loro congratulazioni. Xi Jinping ha rimediato subito con una nuova telefonata ieri mattina a Pechino, tarda sera di domenica a New York. La cancelleria cinese e la squadra di transizione di Trump concordano nel definire la conversazione amichevole e produttiva: «I fatti ci hanno mostrato che la cooperazione è l'unica via possibile» ha detto Xi e il presidente eletto ha risposto che durante il suo mandato le due nazioni sono avviate ad avere «una delle relazioni più strette» che gli Usa sono disposti a stringere sul piano internazionale.
Ben diverso il tono di un editoriale che il giorno prima era apparso nel giornale nazionalista cinese Global Times. In esso dopo aver passato in rassegna le minacce che Trump ha pronunciato nei riguardi della Cina in piena campagna elettorale, si ammoniva che il governo cinese è pronto a rispondere a ogni azione con una nuova ritorsione. A cominciare dal boicottaggio sulle vendite di telefoni cellulari e automobili americane in Cina. Il governo di Pechino ha buone ragioni per preoccuparsi. Nei comizi e nel Contratto con l'America, Trump ha chiesto che il suo segretario del Tesoro dichiari la Cina un paese manipolatore della valuta e ha ventilato l'imposizione di tariffe doganali punitive del 45% contro i beni cinesi importati negli Usa.

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