«Se sono stati commessi errori saranno corretti. Se c'è altro si vedrà, ognuno si assumerà le proprie responsabilità. Ma nel merito non posso entrare, c'è un'indagine in corso ed è giusto avere rispetto per gli organi inquirenti». Il prefetto di Pescara Francesco Provolo pesa ogni sillaba, perché dietro l'eventualità di altro e più grave di un semplice errore, nell'attivazione dei soccorsi per la tragedia dell'Hotel Rigopiano, emerge con nettezza il profilo di una dirigente del suo ufficio. Secondo i carabinieri, che ieri l'hanno identificata, la voce che al telefono respinge in modo sbrigativo la richiesta di soccorso di Quintino Marcella, «uno scherzo», «una bufala», non è quella di un impiegato di basso rango; a parlare è una professionista attrezzata per gestire un'emergenza come quella rappresentata, alle 18,20 di mercoledì scorso, dall'amico del sopravvissuto Giampiero Parete. E invece la risposta data a Marcella, che parla di un albergo crollato, con bambini e tanta gente sotto, è agghiacciante: «Ancora questa storia? Abbiamo verificato, abbiamo sentito l'albergo, la notizia è stata smentita». È il primo punto di svolta dell'inchiesta e porta dritti al cuore della macchina dei soccorsi, la sala operativa della Protezione civile attivata dalla Prefettura di Pescara.
Ne è perfettamente consapevole il prefetto Francesco Provolo, che dice: «Oltre alla telefonata in questione, sulla quale per correttezza non faccio commenti a indagine in corso, quel pomeriggio altre segnalazioni sul crollo di un albergo a Rigopiano sono state rimbalzate alla nostra sala operativa dal 118, e lo ricordo distintamente, e da altri centralini del soccorso pubblico, come ho potuto appurare in seguito. L'intervento, insomma, si è attivato rapidamente». Un'affermazione coerente con la risposta ottenuta, alle 19,45, dall'ispettore del 113 che, dopo l'ennesima telefonata di Marcella, ha personalmente contattato la sala operativa della Prefettura: «Siamo già operativi».
LA MAIL - Prende forma, nella ricostruzione degli investigatori, un doppio binario di allertamento. Quello attivato da Marcella su sollecitazione dell'amico, che si infrange contro il muro di gomma, e quello che, filtrato da 118, 112 e 115, viene ritenuto credibile. Quanto ciò abbia pesato sulla partenza effettiva della colonna dei soccorsi, un'ora e 25 minuti nell'ipotesi peggiore, lo sveleranno gli altri tasselli del puzzle.
A cominciare dalla mail certificata con la richiesta di uno spazzaneve inviata alle 15,44 dalla direzione dell'Hotel Rigopiano: «Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani - c'è scritto -... I telefoni sono invece fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse simiche e hanno deciso di restare all'aperto... per quanto sopra, consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo».
I TELEFONINI - Di più diranno i primi cellulari dei clienti dell'albergo, recuperati dai soccorritori e subito sequestrati dai carabinieri. Tra gli apparecchi ritrovati c'è quello di Sebastiano Di Carlo, che sicuramente quel giorno ha comunicato con la sorella Simona, consigliera comunale a Pescara, sollecitandola a chiedere interventi. L'esame di tabulati, sms e comunicazioni wathsapp fornirà un quadro preciso del numero e del tenore delle richieste di aiuto arrivate, in pieno sciame sismico, da quell'angolo di montagna completamente isolato, a quota 1200 metri sul Gran Sasso. Fornendo finalmente risposta alla domanda chiave: era davvero impossibile mettersi in marcia prima, e con mezzi adeguati, per liberare i sepolti vivi di Rigopiano?
© riproduzione riservata
Ne è perfettamente consapevole il prefetto Francesco Provolo, che dice: «Oltre alla telefonata in questione, sulla quale per correttezza non faccio commenti a indagine in corso, quel pomeriggio altre segnalazioni sul crollo di un albergo a Rigopiano sono state rimbalzate alla nostra sala operativa dal 118, e lo ricordo distintamente, e da altri centralini del soccorso pubblico, come ho potuto appurare in seguito. L'intervento, insomma, si è attivato rapidamente». Un'affermazione coerente con la risposta ottenuta, alle 19,45, dall'ispettore del 113 che, dopo l'ennesima telefonata di Marcella, ha personalmente contattato la sala operativa della Prefettura: «Siamo già operativi».
LA MAIL - Prende forma, nella ricostruzione degli investigatori, un doppio binario di allertamento. Quello attivato da Marcella su sollecitazione dell'amico, che si infrange contro il muro di gomma, e quello che, filtrato da 118, 112 e 115, viene ritenuto credibile. Quanto ciò abbia pesato sulla partenza effettiva della colonna dei soccorsi, un'ora e 25 minuti nell'ipotesi peggiore, lo sveleranno gli altri tasselli del puzzle.
A cominciare dalla mail certificata con la richiesta di uno spazzaneve inviata alle 15,44 dalla direzione dell'Hotel Rigopiano: «Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani - c'è scritto -... I telefoni sono invece fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse simiche e hanno deciso di restare all'aperto... per quanto sopra, consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo».
I TELEFONINI - Di più diranno i primi cellulari dei clienti dell'albergo, recuperati dai soccorritori e subito sequestrati dai carabinieri. Tra gli apparecchi ritrovati c'è quello di Sebastiano Di Carlo, che sicuramente quel giorno ha comunicato con la sorella Simona, consigliera comunale a Pescara, sollecitandola a chiedere interventi. L'esame di tabulati, sms e comunicazioni wathsapp fornirà un quadro preciso del numero e del tenore delle richieste di aiuto arrivate, in pieno sciame sismico, da quell'angolo di montagna completamente isolato, a quota 1200 metri sul Gran Sasso. Fornendo finalmente risposta alla domanda chiave: era davvero impossibile mettersi in marcia prima, e con mezzi adeguati, per liberare i sepolti vivi di Rigopiano?
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