In bilico l'accordo con la Libia

Venerdì 24 Febbraio 2017
Arrivi in crescita esponenziale e un accordo, quello con la Libia, per trattenere i migranti dall'altro lato del Mediterraneo, che rischia di non riuscire a decollare, visto che la situazione politica del paese è ancora a dir poco instabile. La questione immigrazione rischia di diventare una matassa impossibile da dipanare per il governo italiano. A partire dai numeri dell'emergenza: solo ieri a largo delle nostre coste sono state salvate 1.100 persone a bordo di diversi gommoni, mentre in Libia continuava la conta dei cadaveri riportati a riva dopo un naufragio e in un container che trasportava persone in attesa di imbarcarsi sono stati trovati 13 morti oltre a decine di persone ferite o disidratate. Stando ai numeri resi pubblici ieri dal Viminale, gli arrivi nel nostro paese sono saliti a 10.701, ai quali vanno sommati 395 minori non accompagnati, per un aumento complessivo degli sbarchi del 37%.
Visto che il pallottoliere che alimenta le statistiche è stata girato solo da due mesi, in teoria sarebbe presto per dire che questo trend sarà confermato. La preoccupazione tra gli studiosi del fenomeno e gli esperti dell'Interno è, però, palpabile: il problema, infatti è che la rotta mediterranea centrale è sostanzialmente l'unica strada possibile per raggiungere l'Europa. E dunque nessuno scommette sull'ipotesi che il flusso possa diminuire o interrompersi. Anzi.
Il ministro degli Interni, Marco Minniti, ha messo in campo provvedimenti diversi per provare a interrompere il fenomeno. La mossa decisiva sarebbe un accordo con la Libia, ha ripetuto più volte, anche se al momento solo una parte sembra destinata a diventare operativa in tempi rapidi. L'altra preoccupazione del titolare del Viminale è stata quella di dare maggiori poteri a chi interviene in mare per salvare i migranti ed interrompere la tratta di esseri umani. Una decisione non solo simbolica riguarda i nuovi poteri affidati alle unità navali militari: potranno affondare i barconi degli scafisti, dopo aver tratto in salvo chi si trovava a bordo. L'articolo 18 del decreto legge dice esplicitamente che il comandante dell'unità navale operante «può procedere, in luogo del sequestro, all'affondamento del natante utilizzato per il trasporto qualora non siano praticabili altri interventi». Una decisione importante, specie nella lotta agli scafisti che in passato riuscivano a recuperare le imbarcazioni. Il prossimo passo, ha detto due giorni fa il ministro, sarà investire sull'integrazione di chi resta in Italia: entro giugno sarà presentato un piano per l'integrazione che comprende la formazione di imam italiani, l'implemento dell'accoglienza diffusa e misure per sanità e diritto allo studio.
Certo, quando si parla di contrasto dell'immigrazione clandestina, il quadro è complicato soprattutto dalle difficoltà di trovare un accordo stabile con Tripoli. La leadership di Fayez al Serraj, il presidente sostenuto dalla comunità internazionale e che recentemente è stato a Roma per siglare un intesa con il premier Paolo Gentiloni proprio a proposito di gestione delle migrazioni, è costantemente in difficoltà. Nei giorni scorsi, avrebbe dovuto incontrare al Cairo il generale Haftar, principale leader alternativo, ma all'ultimo l'appuntamento è saltato. Serraj si è impegnato con l'Italia ad aprire e gestire centri di accoglienza per i migranti irregolari sul proprio territorio, ma la proposta ha suscitato fortissime critiche da parte delle Nazioni unite. Ieri, contro progetti analoghi in altri paesi del Maghreb si è schierato anche l'ambasciatore marocchino in Italia Hassan Abouyoub: «Parcheggiare esseri umani non è accettabile», dice. La stessa risposta, insomma, che era arrivata giorni fa dal presidente della Tunisia.
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