Il premier lancia l'allarme: se vince il No, salto nel vuoto

Domenica 27 Novembre 2016
A caccia di indecisi, convinto che il Sì possa farcela, Matteo Renzi lancia l'allarme sul dopo: la crisi di governo che verrebbe innescata dalla vittoria del No. «Non si può rischiare il salto nel vuoto. Bisogna andare avanti, non tornare nella palude». E che questo sia il tasto da battere, lo confermano le parole del ministro Graziano Delrio: «Se vince il No il governo dovrà prendere atto che una sua importante proposta di semplificazione e di ammodernamento del Paese non è andata a buon fine. Quindi bisognerà rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica. Poi sarà il presidente Mattarella a decidere il da farsi».
Renzi ha ben chiaro cosa fare in caso di sconfitta. Salirà sul Quirinale e dopo le dimissioni dirà no a qualsiasi governo tecnico: «Non staremo a vivacchiare in un sistema di veti e controveti, di governicchi. Vogliono bloccare il Paese, io voglio vada avanti». Dello stesso avviso il ministro Maria Elena Boschi: «Non mi rassegno a pensare, come suggerisce l'Economist, che l'Italia debba avere un governo di tecnici. Abbiamo già fatto quell'esperienza...».
Renzi, per convincere gli indecisi, fa anche appello alla difesa dell'interesse nazionale: «Se vince il Sì avremo un governo stabile e solido e con Francia e Germania che vanno alle elezioni, saremo il Paese più forte in Europa. L'Italia avrà grandi responsabilità per far cambiare le politiche economiche spingendo per la crescita e per regolamentare il flusso dei migranti».
Poi il leader del Pd torna a illustrare «le tante buone ragioni della riforma» sottoposta a referendum: «Visto cosa è successo alla legge Madia sulla Pubblica amministrazione? La Consulta ha fatto una sentenza evolutiva e ha detto che se vuoi licenziare un dirigente incapace, devi avere l'autorizzazione delle Regioni. E se una sola dice no, non se ne fa nulla. Se invece vince il Sì, avrai una sola Camera e non avrai bisogno di tutti questi passaggi. Basta con l'Italia bloccata dai veti!». Ancora, portando un esempio: «L'abbassamento dei costi della politica c'è veramente. Oltre agli stipendi, alle segreterie, ci sono i tagli ai gruppi. Con la riforma il Pd perderà 30 milioni al Senato in una legislatura. Ed è giusto».
E giù a picchiare duro, sottolineando le contraddizioni degli esponenti del No. Su Berlusconi: «Il Cavaliere dice che con la riforma c'è un uomo solo al comando. Detto da lui fa ridere: voleva dare al premier il potere di sciogliere il Parlamento». Su D'Alema: «Sta insieme a Berlusconi, ma non ha il coraggio di dirlo alla famiglia. Ha votato la Raggi? Questa è proprio una domanda con i baffi...».
Le bordate migliori sono però per i Cinquestelle «che volevano tagliare i costi della politica ma ora votano no. Curioso...». Ecco quella su Di Maio: «Dice che trasformerò l'Italia in una dittatura tipo quella del Venezuela di Pinochet. Primo: era il Cile. Secondo: si sciacqui la bocca, la democrazia è una cosa seria». E su Beppe Grillo: «Quando ha iniziato a fare politica mi faceva ridere, ma adesso è meglio. Ha detto che vuole far pagare al Papa l'affitto dei musei vaticani, peccato che quei musei siano nel Vaticano. Forse Grillo vuole fare una breccia di Porta Pia bis con trolls e fake e dirà al Papa: Questa è Grillolandia e tu paghi l'affitto. Ci sono anche due notizie per lui. Una buona: la riforma abbassa, come voleva lui, il numero delle firme per fare il referendum. Quella cattiva: le firme devono essere vere, non false!». Non manca una stilettata al sindaco Virginia Raggi: «Ha detto che non intende fare la senatrice se passa la riforma. Purtroppo i romani non si chiedono se farà la senatrice, ma quando comincerà a fare il sindaco...».
La chiusura è un appello: «Comincia una settimana decisiva per cambiare l'Italia. Il 5 dicembre il nostro Paese può essere più forte e in grado di affrontare le sfide internazionali, oppure restare un Paese bloccato. Lottate per cambiare, tutto dipende da voi: se parte il tam tam, se fate il porta a porta per convincere gli indecisi, vinciamo noi. Se non parte vince il No, vince la Casta e l'Italia perde altri vent'anni».
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