IL GOVERNO e il Paese

Mercoledì 29 Marzo 2017
ROMA - Nel giro di ventiquattro ore due ministri finiscono sul banco degli imputati: non si placano infatti le polemiche che riguardano il ministro del Lavoro Giuliano Poletti per la frase sui giovani e il calcetto mentre la titolare della pubblica amministrazione Marianna Madia si trova a dover fare i conti con i cacciatori di plagio per la sua tesi di dottorato. È ancora una volta una battuta a mettere nei guai l'ex numero uno delle Coop: si tratta però - è la difesa - di poche parole («si creano più opportunità a giocare a calcetto che a mandare curriculum») estrapolate da una lunga conversazione avuta ieri con alcuni studenti a Bologna e che, secondo il diretto interessato, non volevano certo essere un inno al familismo amorale ma solo la presa d'atto che, nella ricerca di un lavoro, conta la personalità dei candidati oltre che le competenze.
«Vale molto il sapere - ha cercato di spiegare il ministro ancora ieri - e vale molto l'essere. Vale molto studiare imparare e conoscere e vale altrettanto avere una buona relazione con la collettività». Insomma, «il calcetto è - dice ancora - la metafora delle relazioni sociali».
Spiegazioni che però non sono sufficienti a spegnere le polemiche in Parlamento, dove M5S, Lega, Sinistra Italiana ma anche Raffaele Fitto e Giorgia Meloni arrivano a chiedere le dimissioni. «Poletti è uno sciagurato», attacca il leader del Carroccio Matteo Salvini mentre i suoi senatori inscenano una protesta in Aula con tanto di cartelli e palla di gomma da consegnare al ministro «pallone gonfiato». Agguerriti anche i grillini: «Le parole di Poletti sono vergognose e inqualificabili. Un personaggio maestro di gaffe - accusa il capogruppo 5stelle alla Camera Vincenzo Caso - è inadeguato a svolgere il ruolo di ministro del Lavoro». «C'è poco da ridere», osserva anche la presidente della Camera Laura Boldrini, «in un Paese dove la disoccupazione giovanile è al 40 per cento. Poletti prenderà le sue decisioni ma sicuramente l'ironia è poco opportuna per l'incarico importante che ricopre», aggiunge. E chi fra gli altri partiti non arriva a chiedere al titolare del Welfare di lasciare la poltrona non risparmia comunque critiche. Forza Italia coglie l'occasione per attaccare il merito delle politiche sul lavoro e anche gli ex Pd come Enrico Rossi manifestano tutto il loro dissenso. «L'invito ammiccante del ministro è il segno di un degrado che avanza, che si accetta e persino si giustifica», scrive infatti il presidente della Regione Toscana (ora Mdp) su Facebook. In casa dei democratici si sceglie invece il silenzio: l'unico a parlare è Andrea Orlando che si limita a definire «fraintendibile» quanto detto dal collega di governo.
Di tutt'altro tenore, e meno al centro del dibattito politico forse in attesa di capirne meglio i contorni, la questione che riguarda la ministra Madia. L'accusa è di plagio, simile a quella rivolta ad alcuni titolari di governo tedeschi e che in alcuni casi ha portato anche alle dimissioni dei personaggi coinvolti. La responsabile della dicastero della P.a. - secondo quanto riporta il Fatto quotidiano - avrebbe copiato una parte della tesi di dottorato senza utilizzare le corrette citazioni, rendendosi così colpevole di plagio. «Dei tedeschi ammiro la serietà istituzionale - twitta il cinquestelle Danilo Toninelli -. Se non chiarisce, Madia dovrebbe fare lo stesso». La ministra smentisce: nessuna anomalia, le fonti e gli autori sono stati citati.

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