Il giallo dei fondi stranieri

Domenica 25 Giugno 2017
Il giallo dei fondi stranieri
Banca Intesa non era l'unica pretendente di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Un gruppo di quattro fondi d'investimento internazionali ha offerto una iniezione di capitali freschi per 1,6 miliardi nelle due banche venete, senza ricevere però alcun riscontro dalle autorità italiane. Lo rivela l'agenzia di stampa Reuters specificando che la proposta di salvataggio è stata avanzata il 30 maggio dai fondi Sound Point Capital, Cerberus, Attestor e Varde con l'aiuto di Deutsche Bank come advisor finanziario. Le offerte non hanno avuto un seguito formale da parte di Roma. Il consorzio guidato dal fondo hedge Usa Sound Point Capital, che annovera tra i partner l'ex presidente di Goldman Sachs Stephen Friedman, ha offerto inizialmente una iniezione complessiva di 1,6 miliardi di euro di capitale. La proposta prevedeva la sottoscrizione riservata di circa 1,3 miliardi in bond tier1 e tier 2 di nuova emissione e altri 300 milioni in azioni. La proposta è stata brevemente discussa con il Tesoro e poi accantonata. Nell'ambito dell'operazione, i quattro fondi puntavano a prendere una quota del 15% nelle due banche e a controllare la gestione. L'Ad di Popolare Vicenza Fabrizio Viola che avrebbe giocato un ruolo di primo piano se il piano fosse andato in porto.
Corsi e ricorsi storici. Nel marzo di un anno fa, prima della tentata quotazione in Borsa delle due venete, anche Fondazione Cariverona aveva manifestato interesse per un investimento poi stoppato dall'arrivo del fondo Atlante che si appresta a perdere 3,5 miliardi. Nel luglio scorso Atlante sarebbe stato contattato da quattro fondi Atlas, Warburg Pincus, Centerbridge e Baupost. Operazione mai perfezionata. Tornando in Italia, anche Bper era interessata ad acquisire Veneto Banca. Ora si potrebbe solo accontentare del 40% dei fondi Arca.
Le offerte Cerberus & soci però hanno acceso l'interesse della politica. «Non conosciamo i termini della vicenda - dichiara Gaetano Quagliariello, leader di IdeA e capogruppo FL in Senato - ma, nel momento nel quale ci si appresta all'ennesima operazione a spese dei contribuenti italiani, riteniamo che il governo abbia il dovere di spiegare se questa offerta dei fondi esistesse davvero. Dopo un precedente simile verificatosi con il caso Mps, non è tollerabile che altri miliardi dei cittadini vengano impiegati senza un quadro di chiarezza».
I soci storici delle due banche venete in ogni caso sono in fibrillazione. E c'è già chi pensa, come Andrea Arman, avvocato di riferimento dell'associazione «Noi che credevamo nella BpVi», di ricorrere alla magistratura: «Il Governo, con un decreto che interviene anche sulle obbligazioni, ossia su un rapporto fra privati, compie un atto contrario alla legge - spiega - per il quale ci rivolgeremo alla Procura della Repubblica di Roma». Il Veneto e il suo territorio temono la desertificazione bancaria e la fine di molti fidi verso le piccole imprese. «Il sentimento prevalente dei soci - dice il sindaco di Montebelluna, Marzio Favero - è di grande amarezza. Il nostro sistema di Pmi ha necessità di un credito tagliato su misura, e non erogato o negato secondo criteri standardizzati nazionali o europei». «La situazione è drammatica», incalza il presidente dell'associazione azionisti Banca Popolare di Vicenza, Renato Bertelle. Il governatore Luca Zaia attacca: «Se questa prospettiva fosse stata illustrata agli imprenditori in altri tempi probabilmente offerte sul territorio se ne sarebbero trovate. Penso per esempio alla nostra finanziaria Veneto Sviluppo, cui è sempre stato chiesto di trovare capitali sul mercato, ma non di acquistare due banche a un euro».
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