IL BILANCIO dell'Italia

Domenica 23 Aprile 2017
«Non accetto la parola fallimento» ha detto il ministro per il Tesoro Pier Carlo Padoan da Washington. Si riferiva al commento che accompagna il declassamento del debito italiano da BBB+ a BBB, deciso dall'agenzia Fitch, per la quale il nostro paese ha fallito nel compito di tenere sotto controllo il debito nazionale. «Fallimento è fuori luogo» per Padoan: «Non è vero che il debito continua a crescere - ha detto il tesoriere italiano - Si è stabilizzato e sta iniziando a scendere. Mi piacerebbe un calo più rapido, ma abbiamo un surplus». Dopo l'annuncio del downgrading, Padoan è stato costretto a difendere il nostro paese all'apertura dei lavori primaverili del Fondo Monetario, e in occasione del G20 finanziario, che si sono tenuti negli ultimi due giorni nella capitale americana. Per Padoan «non ci sono nuovi elementi economici di rilievo» che possano giustificare la revisione del giudizio, dovuto piuttosto alle incertezze della politica che frenano sullo sviluppo sostenibile, e quindi rendono precaria la ripresa e la crescita.
Al momento la crescita procede ad un passo troppo lento, ma il nostro ministro si aspetta che per il 2018 e il 2019 sarà «più forte», come ha scritto nel rapporto che ha depositato presso il braccio esecutivo del FMI a nome di Italia, Grecia, Albania, Malta, Portogallo e San Marino. L'ottimismo è giustificato da dati ancora molto tenui, eppure incoraggianti. Nel corso dell'anno si prevede che il debito sovrano italiano scenderà al 132,5% rispetto al 132,6% del 2016, e la riduzione dovrebbe accentuarsi nel triennio successivo secondo Padoan fino al punto di assestarsi a quota 126% nel 2020. Gli investimenti stanno crescendo per il secondo anno consecutivo, grazie alle condizioni finanziarie che restano accomodanti, al miglioramento della domanda e ad incentivi fiscali mirati. Contro l'opinione espressa venerdì dalla Fitch si sono levate ieri le voci irate del sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta e quella del presidente dell'Associazione delle Banche Italiane Antonio Patuelli. «Queste agenzie ha detto quest'ultimo - hanno conflitti plurimi di interesse; vivono in una condizione di privilegio e spesso di capitalismo anarchico, senza bilanciamenti e controlli».
Patuelli ha invocato l'intervento regolatore del settore da parte di organismi imparziali e neutrali, e si è chiesto perché finora nessuno si è ancora mosso in questa direzione: «È chiaro è la sua risposta che questi sono signori potenti, ed evidentemente ci sono delle precauzioni per non scontentarli troppo».
Il problema della credibilità delle agenzie è comunemente dibattuto, così come accade ad ogni istituzione che si trova a distribuire giudizi di merito. Nel campo finanziario la polemica è stata aggravata dal ruolo che le maggiori agenzie hanno giocato nel corso della recente crisi globale del 2008, che ha finito per costare loro 2,2 miliardi di multe per la complicità che hanno avuto nella crisi creditizia.
Il passaggio della crisi ha lasciato le agenzie intatte negli Usa, ma fuori dai confini nazionali l'opposizione e lo scetticismo sono cresciute al punto di creare un fronte di potenziale scissionista. La Cina che si appresta ad accettare uno scrutinio estraneo delle sue finanze, ha espresso il desiderio che possa essere formulato da agenzie diverse dalla triade americana che domina il mercato. L'idea è stata abbracciata dai paesi del Bric, anche se per il momento i partner non si sono accordati per la creazione di un sistema alternativo.
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