I vertici tra rabbia e orgoglio «Soli, ma non molliamo»

Venerdì 26 Maggio 2017
I vertici tra rabbia e orgoglio «Soli, ma non molliamo»
Fiducia nell'impegno del governo ma anche una profonda irritazione e un senso di solitudine.
Ai piani alti di Popolare Vicenza e Veneto Banca non c'è aria di rassegnazione, anzi. Presidenti e top management sono pronti a quella che appare la sfida decisiva: trovare un altro miliardo dai privati, che nella situazione attuale può essere tradotto soprattutto con un nuovo sforzo di Atlante, il socio di controllo quasi totalitario. Però le banche e il sistema finanziario italiano nicchiano o addirittura negano nuove risorse dopo i 3,5 miliardi già investiti in passato e già ampiamente svalutati nei bilanci. I fondi residui di Atlante (1,7 miliardi), si spiega da Milano, verranno destinati a gestire le sofferenze, in primo luogo quelle di Mps, delle banche passate a Ubi e anche, se venisse finalmente approvato il piano dell'Ad Viola, quelle di Vicenza e Montebelluna. Ma niente più risorse di capitale.
Un rifiuto che fa riflettere in Veneto. C'è la sensazione che il sistema Italia si sia voltato dall'altra parte, soprattutto che quello finanziario abbia in qualche modo disatteso gli impegni presi a suo tempo con i cda nominati dal fondo Atlante. Nomi di peso come Gianni Mion, Salvatore Bragantini, Fabrizio Viola, Massimo Lanza non si mettono in gioco se non ci sono precise assicurazioni. Invece, a meno di un anno dall'entrata in scena dei nuovi vertici che hanno segnato indubbiamente una netta discontinuità col passato, Vicenza e Montebelluna rimangono in trincea e sempre più sole.
L'unica nota positiva di queste ore, dopo il riaffermato diktat di Bruxelles, è la dichiarazione ufficiale del governo che finalmente ieri si è impegnato in prima persona (col ministro Padoan, ma anche col pieno appoggio del premier Gentiloni) per evitare il bail in. Era ora, si dice a mezza bocca tra Vicenza e Montebelluna. Un fallimento bancario qui sarebbe devastante non solo per l'economia di un Nordest che in passato avrà anche fatto tanti errori di gestione ma che rimane sempre all'avanguardia in Italia con le sue mille imprese industriali multinazionali tascabili e non.
Dai vertici delle due banche si guarda con amarezza a quanto è accaduto e sta accadendo. Al tempo perso in Europa per portare avanti un progetto di fusione che era già pronto a fine del 2016 e che da allora non ha fatto passi avanti malgrado l'adesione massiccia all'offerta di transazione accolta da 121mila soci. Ma anche alla scarsa attenzione del sistema Italia. Si ricorda che l'emorragia di depositi e raccolta per miliardi che ha colpito le due banche venete in questi ultime tre anni è finita anche a vantaggio delle banche concorrenti. E che quindi non è stato tutto in perdita l'investimento in Atlante. Un bail in dopo l'approdo fallito in Borsa un anno fa avrebbe provocato danni sistemici seri e anche oggi un crack - si pensa tra Vicenza e Montebelluna - sarebbe un autentico autogol per tutti, non solo per i veneti. In gioco ci sono banche sistemiche, che hanno sportelli e dipendenti dal Nord Ovest al Sud Italia (vedi Banca Nuova e Banca Apulia). Vedere la questione solo come un gioco di bilanci e di utili trimestrali è una visione miope. In ogni caso, incassato l'appoggio del governo (e forse un'attenzione particolare dalla Bce), il primo obiettivo dei vertici di BpVi e Veneto Banca è serrare i ranghi dei rispettivi cda e presentarsi compatti all'ultima sfida. Sperando di avere l'appoggio di tutto il sistema Italia. Altrimenti saranno guai per tutti.
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