«I parametri imposti da Ue e Bce sono come gli studi di settore»

Venerdì 23 Giugno 2017
«Mi rendo conto che la fase è delicata e lungi da me l'idea di mettere su tavolo elementi di disturbo. Ma...».
Ma cosa, governatore Zaia? Non le va bene che arrivi Intesa e con un euro si prenda le parti buone delle banche venete, e lo Stato con 3,5 miliardi si faccia carico delle parti cattive? Tutti contenti, no?
«Spero che la conclusione sia positiva, che non ci sia ancora qualcuno - penso all'Europa - che si metta di mezzo. Ma ci sono alcune cose che, una volta poste in sicurezza le banche, dovranno essere chiarite».
Per esempio?
«Intesa, che merita il plauso per aver fatto il passo decisivo, non è un istituto di beneficenza. Giustamente, guarda ai suoi interessi e al suo bilancio. Da quel che si legge, con un euro si porta a casa asset enormi. Ma gli azionisti, che fine faranno? I dipendenti? I rapporti dei clienti con la nuova banca?».
Diamo a Intesa il tempo di entrare e vedere che cosa trova, no?
«Non mi riferisco a Intesa, ma al governo. Ci sono alcuni aspetti che a noi comuni mortali non sono chiari. Eravamo rimasti al punto che le due banche avevano bisogno di un aumento precauzionale di 1,2 miliardi per consentire allo Stato di metterne 4,5. Oggi invece sembra che con 1 euro si possano avere due banche pulite e con 3,5 miliardi lo Stato si accolla lo smaltimento dei rifiuti. Anche per evitare leggende metropolitane, sarebbe il caso di capire. Le azioni che fine fanno? Rappresenteranno solo la bad bank?»
Non pensa che a questo punto qualsiasi soluzione è utile, piuttosto della lenta agonia che prosegue da due anni?
«L'ho detto fin dall'inizio: si doveva investire subito per fare la fusione, e con i dati di oggi - 1 euro più 3,5 di finanziamento statale - si poteva fare tranquillamente due anni fa. Quando incredibilmente c'era chi insisteva a sostenere altre fantasmagoriche soluzioni. E ancora insistono: non vogliono vedere la realtà. Era scritto: quando arrivò Atlante, Penati disse che si sarebbero occupati delle banche per un anno o due, per poi venderle, spezzettarle o fonderle. Non è mai esistita una quarta opzione».
Per chiarire i dubbi servirà la Commissione d'inchiesta parlamentare?
«Durerà il tempo di una stella cometa e non produrrà nulla. Date per assodate colpe ed errori del management delle banche, una cosa del genere non accade solo per quelle. Per dire: ero e sono a favore della trasformazione in Spa delle Popolari. Ma non in quei modi e in quei tempi. Se stasera per decreto stabilissi che tutte le aziende con un determinato fatturato devono andare in borsa, le ucciderei. Escludendo la malafede, o si fidavano del controllore e hanno sbagliato, o il controllore non sapeva come stavano le cose. È stata una miccia in un barile di esplosivo. E vogliamo parlare della Bce e dei controlli a singhiozzo? Stabiliscono che servono due miliardi, Atlante li mette e dopo sei mesi vien fuori che ne servono altri 4? Ma che controlli sono?»
Il Nordest senza banche è più debole?
«Questo è uno dei più brutti capitoli della storia del Veneto, che qualcuno già utilizza per far passare l'idea di una malagestio alla veneta; come se i disastri bancari in giro per l'Italia e l'Europa non siano esistiti. Svanisce il progetto di queste due banche fuse, di avere qui il quinto gruppo bancario nazionale, pur acciaccato e con problemi ma che poteva essere un riferimento per il territorio».
Ma il concetto di territorialità ne esce a pezzi da questa vicenda.
«Il concetto di territorio non è un vezzo da amarcord. Qui i rapporti con il territorio, anche in ambito bancario, sono diversi che altrove. Un primario istituto di credito nazionale sta per diventare leader indiscusso nel Nordest e non solo, con un ruolo sostanzialmente egemonico: se dovesse accadere si assumerebbe una grossa responsabilità, potrebbe decidere le sorti di un territorio che tiene in piedi l'Italia. Mi aspetto che abbiano coscienza del fatto che se danno l'ordine di chiudere i finanziamenti, uccidono questo sistema».
Perché dovrebbero farlo?
«Perché quel tipo di banche applica, legittimamente dal loro punto di vista, parametri diversi nei rapporti con i clienti. Offrono soldi a chi non li vuole, e non ne danno a chi ne ha bisogno. Meglio chiarire prima che qui non siamo quattro improvvisati: siamo un modello di sviluppo non fordista che produce in base a determinate logiche. Bce e Ue hanno invece imposto parametri costruiti su realtà diverse: sono diventati come gli studi di settore. Un sistema così, qui non funziona».
Ma è un sistema che ha mostrato - diciamo così - qualche crepa...
«Ah si? E allora come mai l'Istat annuncia che il Pil del Nordest nel 2016 è cresciuto dell'1,2%, ricominciando a trainare l'Italia? Non posso accettare che si dica che il sistema dell'impresa diffusa non sta sul mercato. Le aziende del Nordest hanno fatto grande l'Italia, ed è legittima la preoccupazione che un grande istituto di credito abbia meno elasticità di quella che serve. Che non significa certo far west. Se si limita a guardare il rating di un'azienda e applicare i parametri, il rischio d'impresa di una banca è zero e vuol dire che non serve. Fenomeni imprenditoriali come Benetton, De Longhi, Geox, Diesel sarebbero mai nati? No di certo».
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