I fan falciati da bulloni e chiodi allo show di Ariana Grande

Mercoledì 24 Maggio 2017
Il Bataclan dei bambini è iniziato intorno alle 10,30 di una sera calda di primavera inglese. Un'esplosione ha infranto l'emozione innocente di una prima uscita con gli amichetti, con i genitori ad aspettare fuori dalla sfera zuccherina di un concerto pop per adolescenti, ossessione benigna di milioni di ragazzi, ricompensa ideale per pagelle buone e compleanni importanti. Per terra ha lasciato ventidue corpi: corpi piccoli come quello di Saffie, di appena otto anni, e tanti altri corpi feriti, alcuni dei quali in modo grave, oltre alle viti, ai bulloni e agli altri ingredienti mortiferi di una bomba casalinga. Se la star Ariana Grande non avesse cantato un'ultima canzone, se non avesse ceduto alle richieste della sua folla di Arianators adoranti, ci sarebbe stata ancora più ressa davanti alle porte di uscita della Manchester Arena: qualcuno fortunatamente era già uscito, magari per non trovare traffico, forse per non mandare i bambini a letto troppo tardi prima di un giorno di scuola.
IL RACCONTO
Lo raccontava una mamma di prima mattina, alla ricerca di una spiegazione per il miracolo di essere uscita indenne insieme alla figlioletta da una serata da sogno trasformata nel più atroce degli incubi, perverso come tutti gli attentati ma con qualcosa di ancora più «spietato», come ha fatto notare la premier Theresa May prima di andare a trovare alcuni dei feriti negli otto ospedali della città che li stanno curando e che, in alcuni casi, stanno cercando di salvar loro la vita. Su 59 ricoverati in quelle corsie, dodici sono ragazzini sotto i sedici anni, come ragazzini sono anche alcuni dei dispersi e ragazzini sono quelli con ferite psicologiche profonde e non ancora calcolabili. Come spiegare loro che qualcuno pensa che quella serata tanto attesa non era un concerto ma un «raggruppamento di crociati» in mezzo al quale «uno dei soldati del Califfato è riuscito a posizionare ordigni esplosivi»? Lo ha scritto lo Stato Islamico nel comunicato in cui ha rivendicato l'attentato, aggiungendo la minaccia rituale: «Per chi venera la Croce e per i loro alleati il peggio deve ancora venire». Parlare di peggio dopo una strage di giovanissimi fa impressione, ma Isis non si è mai tirata indietro, non è la prima volta che colpisce i più indifesi e rivendica anche la legittimità di un gesto inaccettabile nella maggior parte delle culture guerriere.
LA RIVISTA
«Uno non dovrebbe addolorarsi per l'uccisione collaterale di donne e bambini miscredenti», si legge su Rumiyah, rivista del Califfato, che si premura di ricordare che «gli infedeli hanno ucciso molte più donne e bambini musulmani» e che anche se così non fosse, «sarebbe comunque consentito colpire le masse di miscredenti», come nel «benedetto massacro di Nizza» dove morirono dieci bimbi e altre 75 persone lo scorso 14 luglio. «Ma l'islam non è questo, i nostri rapporti sono buoni, la comunità musulmana è pacifica e la nostra è una città aperta, cosmopolita», spiega Daniel Valentine, parroco della chiesa di St Ann, in una piazzetta dove nel pomeriggio avevano iniziato ad accumularsi fiori e messaggi di cordoglio. «Abbiamo aperto presto, oggi la gente ha bisogno di parlare, attaccare i bambini è una cosa che sconvolge nell'anima», prosegue Valentine.
LA FOLLA
Nel foyer della Manchester Arena, una delle più grandi sale da concerto d'Europa, 18mila posti per eventi enormi come questi, c'era sangue dappertutto secondo quello che racconta Kara, quattordicenne islandese venuta apposta insieme al fratello Isaac, di 15 anni, e a tutta la famiglia, compresa una sorellina di appena 10 mesi. «È stata una serata bellissima, ci eravamo divertiti tanto», dice intimidita Kara, come se non sapesse ancora cosa far di quel bel ricordo, delle luci, delle canzoni cantate a memoria. «Noi eravamo fuori ad aspettarli, ci hanno chiamato subito, ma poi la linea è una caduta», interviene la mamma Aslaug, che scruta il volto dei figli per cercare di capire resterà nella loro memoria. «Potevo essere una delle madri rimaste senza figli, continuo solo a pensare a quanto sono stata fortunata», prosegue la donna.
«RIMASTI DA SOLI»
«L'esplosione è stata fortissima, molto più forte del concerto - aggiunge Isaac e per dieci minuti siamo rimasti soli, paralizzati sulle nostre sedie, coi telefoni che non prendevano». Tutti hanno bisogno di parlare, di condividere i loro pensieri, in questa giornata di sole oltraggioso, così raro in questa città grande e povera, che proprio ora stava ricominciando a vivere dopo anni passati in fondo alle statistiche di tutto. E infatti tra gli eroi del 22 maggio, oltre ai tassisti musulmani che si sono subito messi a disposizione di chi voleva tornare a casa, ci sono i senzatetto che dormivano intorno alla Manchester Arena. Uno di loro ha visto morire una donna tra le sue braccia e ha aiutato una bimba che aveva perso le gambe, un altro ha tolto le schegge dal viso di un'altra piccola vittima. «Se non l'avessi fatto, non mi sarei più guardato in faccia», ha detto.
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