Grillo: «Svolta garantista? È una bufala dei media»

Giovedì 5 Gennaio 2017
Tra calcoli approssimativi dei votanti sul codice etico dei 5Stelle e inversioni a U nelle tirate contro i giornalisti, Beppe Grillo insiste nella sua crociata sull'inattendibilità della stampa, cartacea e televisiva. «Il codice di comportamento di M5S, votato ieri dalla stragrande maggioranza degli iscritti - scrive sul suo blog il comico genovese - rappresenta una svolta garantista? Falso. E' un'altra bufala di giornali e tv». E' la secca smentita di Grillo, non solo alla diffusa opinione che pure aveva salutato positivamente l'inedito garantismo del leader pentastellato sulla valenza degli avvisi di garanzia, ma anche ai numeri che fissavano a 41 mila - cioè meno di un terzo degli iscritti - la partecipazione al voto sul codice del Movimento. Il M5S - ribadisce il fondatore - «garantisce ai cittadini che chi tra i suoi eletti non rispetta i principi a cui ha aderito come portavoce viene messo fuori dalla porta. Non aspettiamo il terzo grado di giudizio».
Quanto, però, ad attendibilità, il blog di Grillo si scontra con l'opinione di quanti sembrano avere un rapporto meno contorto con i numeri, come la senatrice Serenella Fucksia, ex M5S, la quale, osservato che al voto sul codice hanno partecipato via web poco più di 40 mila iscritti, afferma che «se i potenziali elettori M5S viaggiano tra gli 8 e i 12 milioni, ci troviamo di fronte a elezioni farsa, funzionali solo a ratificare decisione già prese». E sostanziale sfiducia nelle ultime uscite del capo del M5S manifesta anche uno dei primi espulsi dal Movimento come Federico Pizzarotti affermando che, «in realtà, il blog di Grillo è il primo che distorce spesso le notizie». Il sindaco di Parma aggiunge di ritenere che la proposta sui tribunali per la stampa «sia grave. Penso che anche solo il concetto di avere una giuria popolare, che non si sa sulla base di cosa giudichi, sia di per sé assurda e anche un po' preoccupante».
Ma è lo stesso Grillo, forse sentendosi più onerato che onorato dai tanti critici, a fare una spericolata marcia indietro. E proprio nei confronti di Enrico Mentana che ieri gli aveva consigliato di «trovarsi un avvocato». Mentana, sostiene il comico sempre sul proprio blog, «si è risentito per il fatto che il logo del suo Tg fosse presente nell'immagine del post che denunciava le bufale dei media italiani. Non se la prenda direttore - scrive Grillo - è stato fatto per par condicio per non far sfigurare troppo i suoi colleghi». All'implicita lode, segue l'augurio indirizzato a Mentana di «continuare ancora a lungo a fare informazione che sia rispettosa della verità e dei cittadini». Incassata la palinodia grillina, il direttore del Tg de La7 annuncia di lasciar cader l'annunciata querela, ribadendo tuttavia il suo giudizio «duramente critico per l'idea delle giurie popolari: ai più ilari - osserva Mentana - ricordano il festival di Sanremo, ai più preoccupati la Cina della Rivoluzione Culturale. Per me è solo un'idea sballata».
Sull'argomento torna anche la Federazione della Stampa con il suo presidente Giuseppe Giulietti e il segretario Raffaele Lorusso, auspicando che «chi è davvero interessato ai temi della libertà d'informazione invece di progettare tribunali speciali e giurie popolari, si dedichi all'approvazione di quelle norme che consentirebbero all'Italia di risalire decine di posizioni nei rapporti internazionali sulla libertà di stampa». Più spicciativa l'analisi del dem Michele Anzaldi, per il quale «neanche i militanti M5S credono più alle bufale di Grillo: meno di un terzo degli iscritti ha votato il codice salva-Raggi. E dovevano fare solo click».
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