È un gesto forte, una bacchettata in piena regola. Sergio Mattarella rompe

Giovedì 27 Aprile 2017
È un gesto forte, una bacchettata in piena regola. Sergio Mattarella rompe gli indugi e convoca al Quirinale i presidenti delle Camere, Laura Boldrini e Pietro Grasso, per sottolineare la necessità che il Parlamento approvi «sollecitamente» la nuova legge elettorale per la Camera e il Senato e provveda all'elezione di un giudice della Corte costituzionale che deve essere ancora rimpiazzato. Il capo dello Stato affida ad una nota il suo pressing perentorio dalla quale si evince che egli ha chiesto ai presidenti delle Camere «di rappresentare ai rispettivi gruppi parlamentari l'urgenza che rivestono entrambe le questioni per il funzionamento del nostro sistema istituzionale». Parole chiare, pesanti come macigni.
Beninteso, non è la prima volta che Mattarella sottolinea la necessità di rendere omogenee le leggi elettorali per il Senato e la Camera (dopo la sentenza della Consulta sull'Italicum) prima del voto, ma ora i tempi si fanno sempre più stretti e soprattutto non sembra che vi siano spiragli per un'intesa tra le forze principali forze politiche. Nel colloquio con Boldrini e Grasso non ha nascosto il suo disappunto per un'impasse che rischia di protrarsi a lungo. Mattarella ha deciso d'intervenire ieri mattina perché sta per finire la tregua congressuale e delle primarie del Pd. Nei prossimi giorni possono riprendere le sedute in commissione parlamentare mentre la conferenza dei capigruppo ha deciso che la legge elettorale approderà in aula alla Camera nell'ultima settimana di maggio, forse dal 29. «Non ci sono più alibi» avrebbe detto il capo dello Stato ai suoi interlocutori i quali avrebbero avuto impressione che la loro convocazione e l'appello di ieri possano essere «solo il primo passo» con altre future iniziative del Colle, in assenza di un condotta responsabile delle principali forze politiche. Insomma non si può escludere che tra l'ipotesi ci sia anche un messaggio alle Camere di Mattarella per richiamare in modo formale i partiti alle loro responsabilità davanti agli elettori. Naturalmente l'auspicio sul Colle è che basti il «primo passo».
Anche sulla elezione del giudice della Consulta di nomina parlamentare ancora mancante (in carica sono quattordici, deve essere eletto il quindicesimo in sostituzione del dimissionario Giuseppe Frigo) ci sono numerosi precedenti. A suo tempo il presidente Cossiga minacciò addirittura di dimettersi se il Parlamento non avesse adempiuto al suo dovere. La strigliata di Mattarella ha ricevuto - com'era prevedibile - un coro di consensi tra i partiti. Anche se ciascuno la interpreta a modo suo. Il capogruppo del Pd, Rosato, la definisce «giustissima». Dello stesso parere il capogruppo di Forza Italia, Brunetta, che però suggerisce a Mattarella di rivolgere il monito a Renzi. «Questa paralisi è colpa sua e del Pd», sostiene Brunetta e anche i deputati grillini - per una volta - sono d'accordo con i forzisti.
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