Dopo i parlamentari indagati e muti davanti ai magistrati, dopo il garantismo sfoderato

Venerdì 2 Dicembre 2016
Dopo i parlamentari indagati e muti davanti ai magistrati, dopo il garantismo sfoderato da Virginia Raggi che ha scelto al suo fianco un funzionario ex alemanniano e una spin doctor leghista, serviva un bagno di purezza per concludere la campagna referendaria del M5S che si radunerà oggi a Torino. A partire dalle 17 Beppe Grillo e Davide Casaleggio chiuderanno il No tour ripescando per l'occasione il patriarca di tutti i no pentastellati: il no Tav.
Giusto ieri, la sindaca Chiara Appendino ha sponsorizzato la mozione della sua maggioranza per far uscire il comune di Torino dall'osservatorio istituzionale sulla Tav. Era costretta a farlo dopo le tensioni interne e i «brutti rospi» ingoiati finora (copyright di una sua consigliera), come il sì a un mega centro congressi con area commerciale molto contestato dalla ex vicepresidente della commissione bilancio e poi candidata sindaca Appendino. La mozione, beninteso, non incide minimamente sulla realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione. Appendino l'aveva tenuta chiusa nel cassetto per un bel po' e l'ha tirata fuori solo ora, a tre giorni dalla firma del patto per il Piemonte con il quale insieme al presidente Sergio Chiamparino chiede al governo Renzi 6 miliardi di opere, molte delle quali in stretta relazione con il Tav come l'aumento della capacità del Passante di Torino o lo sviluppo del sistema logistico degli Interporti. «Quindi», si chiede il senatore Pd Stefano Esposito, «la signora Appendino vuole i soldi derivanti dal Tav per realizzare gli interventi, utili e necessari, ma contrasta la realizzazione della Torino-Lione?».
Se Appendino cerca di salvare le apparenze, altrove ormai la linea politica originaria, quella giustizialista, è compromessa. La deputata siciliana Giulia Di Vita, sospesa dal M5S perché indagata nella vicenda firme false che lei riassume con la dicitura «presunto errore/tremenda stupidaggine», si è avvalsa della facoltà di non rispondere e ha rifiutato di produrre una prova calligrafica, comportamento già bocciato dai vertici. Poi in un lungo post dichiara di non accettare l'autosospensione arrivando a chiedere le dimissioni della collega in Regione Claudia La Rocca, colpevole di aver parlato coi pm ed essersi autoaccusata facendo nomi e reati della notte della ricopiatura delle firme.
Anche Riccardo Nuti ha spezzato il silenzio per dire che lui è estraneo ai fatti e che col suo lavoro ha dato fastidio: «Da parlamentare ho proseguito la battaglia, senza risparmiarmi, esponendomi e facendomi nuovi nemici». Le parole di Nuti raccolgono molta solidarietà soprattutto tra i colleghi parlamentari M5S tra cui Roberto Fico, Claudia Mannino e Chiara Di Benedetto. L'ex esponente del direttorio Carlo Sibilia ha commentato: «Non ti abbattere, festeggeremo tutti lo sgretolarsi di accuse costruite».
Accuse emerse dopo il servizio tv delle Iene che Grillo e Casaleggio avevano comunque ringraziato sentendosi parte lesa. Sarà solo solidarietà quella di questi deputati ma quella che prende forma è una corrente trasversale che segna un primo, timido ma pubblico, distacco dalla linea ufficiale dei vertici cui spetta ancora l'ultima parola su molti temi, politici e non, come la scaletta dell'evento torinese, anche stavolta non esente da pesanti malumori. Oggi la chiusura sarà affidata, nell'ordine, a Luigi Di Maio, Roberto Fico, Alessandro Di Battista e Beppe Grillo. Carla Ruocco, al momento non risulta nel programma come neppure Carlo Sibilia.
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