Concorrenza, Renzi sgambetta Calenda

Venerdì 23 Giugno 2017
ROMA - (al. gen.) Non c'è pace per governo e maggioranza. Dopo lo scontro su Consip e i distinguo sulla manovrina di bilancio targati Articolo 1-Mdp, ieri si è consumato uno nuovo strappo. Protagonista, questa volta, Matteo Renzi che ha imposto quattro correzioni al disegno di legge sulla concorrenza, rispedendola in Senato con i voti di Cinquestelle, Forza Italia, Lega ed Mdp. Contrari i deputati di Angelino Alfano.
Dietro la mossa del segretario del Pd, come affermano il capogruppo Ettore Rosato e il relatore Andrea Martella, c'è «la volontà di rimettere ordine, con modifiche precise e puntuali, nel settore del telemarketing, degli odontoiatri, delle utenze dell'energia e delle assicurazioni per danni». Ma anche l'intenzione di ritargare Pd un provvedimento portato avanti da Carlo Calenda (la paternità è di Federica Guida, suo predecessore). Renzi non gradisce infatti l'ipotesi di un'eventuale competizione alle prossime elezioni del ministro dello Sviluppo economico, che Alfano vorrebbe nel ruolo di federatore di un nuovo soggetto politico moderato di centro alternativo sia al centrodestra sia al centrosinistra. Da qui la zampata.
Una decisione, quella di Renzi, che Paolo Gentiloni ha subìto: il premier avrebbe voluto porre la fiducia, rinviando le correzioni proposte dal Pd ad altri provvedimenti. E che Calenda non ha preso bene. Di buon mattino, prima che nella commissione Finanze della Camera venissero votate la quattro modifiche, il ministro aveva messo a verbale: «Questa legge è stata varata oltre 850 giorni fa e chiedo al Pd di ritirare gli emendamenti chiarificatori e non sostanziali, impegnandomi a risolvere la questione con altri provvedimenti. Spero che il Pd non si trasformi da partito che voleva rottamare le rendite e le caste in un partito che vuole rottamare la concorrenza. Sarebbe un'immagine pessima».
Parole al vento. Poco dopo pranzo la Commissione ha votato le modifiche con l'irrituale maggioranza Pd-M5S-Lega-Mdp-Forza Italia. A questo punto Calenda ha tirato fuori l'artiglieria: «Con tutto il dovuto rispetto per il Parlamento, la decisione è difficilmente comprensibile e rischia di trasmettere l'ennesimo segnale negativo a cittadini, imprese e istituzioni internazionali». Poi poco più tardi, intervenendo a un convegno: «Oggi non parlo di concorrenza, altrimenti mi deprimo».
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