Alle 5 di giovedì Younes Abouyaaqoub uccide tredici persone sulla Rambla, nel

Martedì 22 Agosto 2017
Alle 5 di giovedì Younes Abouyaaqoub uccide tredici persone sulla Rambla, nel cuore turistico di Barcellona; alle 5 di ieri il terrorista di 22 anni muore urlando Allah Akbar, ucciso da dodici colpi sparati dai Mossos d'Esquadra vicino a un distributore, all'inizio di una zona industriale. Siamo a Subirats, colline verdi a nord di Barcellona, addolcite da un susseguirsi di vigneti. Younes indossa una finta cintura esplosiva, avanza di fronte agli agenti che lo hanno trovato, li sfida, loro sparano come prevedono i protocolli. La cintura è identica a quella che avevano i cinque della sua banda, autori dell'attentato di Cambrils, nella notte tra giovedì e venerdì.
Ed è da quella finta cintura esplosiva che si dipana il primo di una serie di misteri o, più correttamente, di dettagli da chiarire in questa storia degli undici terroristi ragazzini addestrati dall'imam Abdelbaki Es Satty, la cui morte nell'esplosione di mercoledì di Alcanar, dove si stavano preparando le bombe, è stata confermata ieri sera dai Mossos d'Esquadra. Dove ha preso quella cintura Younes visto che mentre scappava dalla Rambla, passando per la Boqueria, non l'aveva? Come è arrivato fino a Subirats, quaranta chilometri da Sant Just Devern, dove aveva lasciato la Ford Focus rubata prima di sparire? Chi l'ha aiutato? Dove ha preso i vestiti che indossava, visto che durante la fuga aveva una polo a righe e i jeans neri e quando è stato ucciso invece indossava pantaloni rossi e camicia azzurra? Trapero, il comandante dei Mossos d'Esquadra, ieri sera ha confermato che tutti i membri della cellula di terroristi islamici sono stati arrestati o uccisi. Ma ancora si cerca chi ha aiutato Younes nella fuga. E, ancora più importante forse, si vogliono ricostruire le pericolose relazioni internazionali, non solo i viaggi in Marocco e in Belgio, ma anche quelli a Zurigo, a Marsiglia, a Parigi.
Al mattino Trapero, insieme ai ministri dell'Interno e della Giustizia della Catalogna, incontra i giornalisti e fa capire, senza dirlo, di non credere che l'uomo più ricercato d'Europa sia già in Francia, conferma anche che i quattro terroristi arrestati sono stati interrogati e trasferiti a Madrid. Mostra le foto di Younes in fuga e chiede ai cittadini di collaborare, di telefonare se vedono qualcuno che gli assomigli. Poco dopo, alle 15, arriva una chiamata al numero di emergenza: subito dopo la rotonda che divide Subirats da Santa Sadurní d'Anoia, vicino al distributore Amac, una donna nota un ragazzo che assomiglia al terrorista in fuga. Gli urla qualcosa, lui fugge, lei chiama il numero delle emergenze e avverte: ho visto il ragazzo che state cercando.
Nella versione ufficiale della conferenza stampa, Trapero racconta che anche il commissariato di zona aveva segnalato la presenza del fuggitivo. Fatto sta che i Mossos d'Esquadra, in forza, raggiungono l'area e cercano il ragazzo. Un agente vede Younes, gli intima di fermarsi, lui mostra la finta cintura esplosiva, urla «Allah è grande». Cammina verso di loro. I Mossos sparano, il ragazzo resta a terra, da Barcellona arrivano gli specialisti del Tedax, gli artificieri, perché la certezza che la cintura esplosiva sia una finzione come a Cambrils non c'è.
Racconta un ragazzo: «Secondo me il terrorista era già stato dalle nostre parti, vedendo la foto mi sembra di averlo già visto qualche mese fa». «L'indagine non è chiusa» ripete Trapero, capo dei Mossos d'Esquadra accusati di non avere saputo prevenire l'attentato, ma acclamati dai catalani, perché comunque hanno catturato o ucciso tutti i terroristi.
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