Le guardie mediche vogliono più sicurezza

Domenica 24 Settembre 2017
Le guardie mediche vogliono più sicurezza
PAURA
PORDENONE Hanno paura anche le guardie mediche di Pordenone. E la sicurezza dei camici bianchi di guardia durante la notte torna di nuovo sotto la lente, un anno dopo il tavolo già chiesto dall'Ordine dei medici provinciale all'Aziedna sanitaria per ridurre le situazioni di pericolo. A portare di nuovo il tema sotto i riflettori è quanto accaduto alcuni giorni fa a Catania dove una dottoressa è stata aggredita e stuprata da un uomo entrato nell'ambulatorio. In passato, un paio di episodi di aggressioni a medici di guardia si erano registrati anche nel pordenonese, sia pure non di questa gravità. Ma il rischio, per i professionisti impegnati in questo servizio, esiste, come conferma anche il presidente dell'Ordine, Guido Lucchini. In provincia sono in tutto tredici le postazioni della Guardia medica, nelle quali sono impegnati a rotazione complessivamente una cinquantina di camici bianchi, per lo più giovani. Nella maggior parte dei casi, ciascun turno di guardia è svolto da un solo professionista, con alcune eccezioni: si effettua infatti un raddoppio nei periodi caldi, ossia quando il servizio viene potenziato per far fronte ad esempio alle epidemie di influenza, in particolare nelle sedi che servono aree urbane ad alta densità di popolazione. Proprio nel mese di luglio di un anno fa - ricorda Lucchini -, come Ordine dei medichi abbiamo organizzato un incontro con alcuni rappresentanti dei medici di guardia, fra i quali il nostro consigliere Caterina Liut, per affrontare tutta una serie di criticità sollevate per poi riportarle al direttore generale dell'Aas5 Giorgio Simon. Si era dunque parlato, in quell'occasione, di sicurezza sul luogo di lavoro e degli strumenti da adottare per garantire ai medici di guardia - spesso giovani e in molti casi donne - di svolgere il loro compito senza correre pericoli, in ambulatori idonei e sicuri: Il problema - spiega Lucchini - non riguarda ovviamente tanto le sedi della Guardia medica collocate all'interno di presidi ospedalieri, ma i professionisti che devono operare nelle sedi più periferiche, spesso collocate anche in zone molto isolate, per esempio nei Comuni di montagna. A questo bisogna poi aggiungere il fatto che molto spesso a svolgere il servizio di Guardia medica sono soprattutto professionisti piuttosto giovani, e in molti casi donne: si tratta di persone che corrono rischi, perché nell'ambulatorio ricevono non solo persone con problematiche di carattere sanitario, ma anche pazienti psichiatrici o affetti da dipendenze. Fortunatamente, rileva il presidente dell'Ordine, nell'area vasta della provincia di Pordenone non si sono mai verificati episodi di gravità paragonabile a quanto avvenuto nei giorni scorsi a Catania: Anche come federazione nazionale dell'Ordine dei medici - continua Lucchini -, con tutti i 106 presidenti, abbiamo già discusso questo problema, anche dopo alcuni casi gravi verificatisi in altri luoghi d'Italia. Proprio una settimana fa, i rappresentanti di tutti gli Ordini dei medici italiani si erano ritrovati a Bari per commemorare Paola Labriola, il medico psichiatra uccisa sul lavoro il 4 settembre del 2013 da un paziente del Centro di salute mentale. Dal tavolo organizzato lo scorso anno era emerso l'impegno, da parte dell'Azienda sanitaria, a provvedere al miglioramento delle condizioni di sicurezza negli ambulatori che ospitano il servizio di Guardia medica: Il direttore dell'Aas5 Giorgio Simon - ricorda ancora Lucchini - si era impegnato in prima persona a effettuare una revisione e una rivalutazione delle sedi della Guardia medica, e a breve avremo un nuovo incontro con la stessa Azienda per capire a che punto sono queste azioni di revisione e di adeguamento delle strutture.
Lara Zani
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci