«Giosuè formattò il pc non poteva fornire alibi»

Domenica 22 Gennaio 2017
«Giosuè formattò il pc non poteva fornire alibi»
In Corte d'assise domani si ricomincia da Daniele Renna, il coinquilino che la sera del 17 marzo 2015 vide Giosuè Ruotolo uscire in tuta a un'ora insolita. Assieme a Sergio Romano - entrambi usciti indenni da un'iscrizione-lampo sul registro degli indagati per concorso in omicidio - in fase di indagini preliminari è stato decisivo nel fornire alla Procura la chiave del giallo: una vendetta. In aula, nel tardo pomeriggio di venerdì, Renna ha ricordato le parole pronunciate da Giosuè una sera di novembre, quando tornò malconcio dalla palestra dopo un confronto con Trifone Ragone: «Mi ha rotto, lo uccido, lo denuncio». Certo, è soltanto lo sfogo di una persona arrabbiata dopo che il commilitone lo ha picchiato accusandolo di essere l'autore dei messaggi molesti arrivati alla fidanzata Teresa Costanza su Facebook, attraverso il profilo Anonimo Anonimo. I due ex coinquilini di Ruotolo e Ragone hanno però messo in fila una serie di elementi che fanno capire come la convivenza in via Colombo fosse difficile. Un'escalation di attriti, liti per bollette da pagare, piatti sporchi, estranei e donne che giravano per casa.
Nelle ultime otto ore di udienza ci sono altri elementi che la Procura sicuramente utilizzerà per puntellare l'accusa contro Ruotolo. Sergio Romano, con cui Ruotolo prima del delitto si sfidò a un videogioco on-line, ha riferito che a settembre, quando tutti e tre gli ex coinquilini di Ragone furono convocati in caserma dai carabinieri, Ruotolo si preoccupò perchè non riusciva a dimostrare di aver giocato al computer il 17 marzo. Una preoccupazione emersa quando ancora non gli era stato chiesto nulla a tal proposito. «Il 21 settembre mi chiese degli orari - ha detto Romano - Il 22 si preoccupò, disse che non aveva la possibilità di far vedere che aveva giocato perchè aveva formattato il computer 7/8 volte». In caserma - mentre venivano sentiti come persone informate sui fatti - Romano recuperò i dati sul suo computer e mostrò a Giosuè come fare: «Gli dissi ci penso io, così puoi dimostrare che stavi giocando». C'era la durata delle partite, ma non gli orari, poi comunicati attraverso la Riot Games, la società editrice del gioco League of Legends.
Restano i dubbi sul ritardo delle testimonianze dei due ex commilitoni che per la loro reticenza si sono giocati la carriera in Guardia di finanza. L'avvocato di parte civile Nicodemo Gentile ha chiesto a Romano perchè non ha detto subito la verità sui movimenti di Ruotolo la sera del delitto. «Non sapevo che era uscito di casa - ha risposto - Credevo che fosse sceso in auto un minuto, a controllare il tagliando dell'assicurazione, non avevo valutato la situazione». Alcune domande hanno sondato anche la possibilità di una vendetta collettiva da parte dei ragazzi di via Colombo nei confronti di Trifone, diventato ostile al gruppo per il via vai di donne e ospiti nell'appartamento. L'unico «sgarbo» - come ha precisato Romano - poteva essere cambiare casa, così da metterlo in difficoltà con affitto e bollette. «Non ho mai pensato di fargliela pagare. Quando lui traslocò, mi diede il numero di Teresa affinchè mi accordassi per la caparra dell'appartamento di via Colombo. In casa si fantasticò tutti e tre sul fatto che avremmo potuto raccontare a Teresa delle avventure di Trifone. Era uno scherzo, non lo abbiamo fatto». È forse da quello scherzo soltanto immaginato che è stato poi partorito Anonimo Anonimo? Il profilo Facebook usato proprio per informare Teresa dei presunti tradimenti di Trifone?
© riproduzione riservata

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci