Chiesa mobilitata per i terremotati

Martedì 30 Agosto 2016 di La raccolta di fondi scatterà fin da domenica prossima Don Corgnali: la memoria di allora si fa rinnovato impegno
«Risorse per costruire il futuro, perché non ci si deve autoripiegare. E la speranza non si perde se si comincia a progettare. Dalle macerie si esce con la testa».
Avranno questa finalità i fondi che l'arcidiocesi di Udine comincerà a raccogliere a favore delle popolazioni terremotate dell'Italia centrale già sabato sera in duomo a Udine, anticipando la colletta nazionale che la Chiesa italiana ha promosso per il 18 settembre. L'occasione sarà a suo modo straordinaria, quasi un ponte tra terremotati.
Alle 21 in cattedrale debutterà «Dì speranza», lo spettacolo teatrale/musicale che l'Arcidiocesi di Udine ha ideato per fare memoria del quarantesimo dal sisma che distrusse il Friuli.
È prodotto dal Css Teatro stabile di innovazione Fvg, presieduto da Alberto Bevilacqua, ed è sostenuto dalla Regione. Ha musiche originali di Renato Miani, la partecipazione di Elsa Martin come voce solista e di Giuseppe Bevilacqua come voce recitante. Mette in dialogo artistico la cronaca testimoniale del 6 maggio con due testi di monsignor Duilio Corgnali, allora giovane sacerdote tra gli animatori del coordinamento delle tendopoli e curatore nel 1977 del volume «Un popolo tra le macerie», i Salmi in lingua friulana e il testo poetico id Charles Péguy. Si replica il 10 settembre a Tolmezzo e il 24 settembre a Gemona. «Sembra terribile da dire ora, ma il post terremoto è il periodo più duro, lì bisognerà che siano forti ed essere aiutati ad esserlo».
Con certezza data dall'esperienza vissuta in prima persona, monsignor Corgnali ieri ha pensato così alla gente di Amatrice e degli altri paesi colpiti dal sisma cui andranno i fondi che la Chiesa friulana comincerà a raccogliere. «Mi è piaciuto sentir dire quelle comunità che vogliono ricostruire dov'era e com'era, è un buon inizio», prosegue. «Ma dovranno impedire che altri progettino sulla loro testa, anche se questo vorrà dire sostenere lotte, come è stato in Friuli». Non è stata semplice, «ma tutto è accaduto nel primo anno, che è il più duro», ha sottolineato ricordando i suoi 8 mesi di tenda, un pò di roulotte e poi la baracca.
Per i friulani, 40 anni dopo attraverso l'arte l'obiettivo è «trasmettere la memoria ai giovani, che non vuole dire retorica, ma rivendicare le ragioni profonde che hanno consentito di rinascere da quella tragedia» e Corgnali le sostanzia in alcuni principi: «Non ripiegarsi sulle proprie disgrazie, senso di responsabilità, carattere comunitario della vita friulana - le tendopoli si fecero borgo per borgo - e, al fondo, la fede che alimenta questi valori».
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