Bambini delle due etnie cantano gli inni e poi rimangono sul palco con i leader

Giovedì 27 Ottobre 2016 di Dalla Grande guerra alla cortina di ferro, ma oggi un'esperienza-pilota Lo sloveno Pahor: «Non possiamo pensare un ritorno della frontiera»
GORIZIA - «Altrove si mettono in discussione i valori fondanti dell'Unione e non soltanto le sue scelte, evocando velleitariamente la costruzione di nuove barriere». Parole dirette di Sergio Mattarella ieri a Gorizia, una città simbolo di tanta storia ma anche di molto, possibile futuro europeo. Il Presidente della Repubblica, al fianco del collega sloveno Borut Pahor, parla nella città che fu Nizza dell'Est, poi distrutta dalla Grande guerra, vessata e martoriata dal nuovo conflitto mondiale, spezzata dalla cortina di ferro e trasformata in Berlino del Sud. Ma ora cuore di una primizia comunitaria: qui è nato il primo Gruppo di cooperazione transfrontaliera fra Gorizia, Nova Gorizia e altri due Comuni sloveni.
Il senso dell'Europa delle comunità e non soltanto delle istituzioni e dei trattati sta a cuore al pensiero di Mattarella: «Troppe volte, nella dialettica interna e internazionale, l'Unione viene criticata, le sue regole trattate come l'esempio di una burocrazia complessa e, a volte, addirittura oppressiva - ha affermato - come un limite rispetto a un passato esclusivamente nazionale che taluno vorrebbe raffigurare come una sorta di età dell'oro». Eppure «questo giudizio non rispecchia le straordinarie conquiste di un modello di convivenza e crescita unico al mondo». Ed è proprio a Gorizia che i valori sono stati capaci di farsi realtà effettiva e quotidiana. In più punti della giornata in regione del Capo dello Stato si sono notati cartelli e striscioni gialli con la petizione di verità e giustizia per Giulio Regeni.
I due leader nazionali e le altre autorità hanno parlato sul palco a pochi metri da una cinquantina di bambini italiani e sloveni che, dopo aver intonato gli inni nazionali, sono rimasti al loro posto a testimoniare il futuro delle comunità che esprimono. Pahor, nato a un migliaio di metri dal teatro di Gorizia che ha ospitato l'illustre visita, ha spiegato di aver imparato la lingua di Dante non a scuola ma dagli amici italiani d'infanzia. Il Presidente sloveno ha rivendicato il dovere di garantire a questi bambini un secolo di pace dopo un Novecento di tragedie, considerando «inimmaginabile» un ritorno dei vecchi confini, sebbene resti un fatto che la Slovenia non si sia chiamata fuori dal gruppo di Paesi Ue che stanno erigendo muri sulla rotta dei migranti. Forte, al proposito, l'intervento di Debora Serracchiani: «La maturità della classe di governo europea sarà misurata sulla capacità di reagire a questo fenomeno epocale». La presidente della Regione Fvg ha spiegato che «si può decidere di fare una cosa oppure un'altra, ma bisogna farla tutti insieme e nello stesso modo», anche perché «la guerra non è più un'entità astratta e lontana».
Se il sindaco di Gorizia Ettore Romoli chiede a Italia e Slovenia di sviluppare fra Gorizia e Nova Gorica una Zona economica speciale, ad animare in una sola immagine il senso tutto dell'Europa è la fila di gerani che alla Stazione transalpina ha sostituito il reticolato di confine. Lo ha annotato Georg Meyr, professore di Scienze internazionali a Gorizia. E Mattarella ha fatto proprio il significato di quei gerani: una conquista da riconquistare ogni giorno nelle coscienze per declinare il domani con la libertà.
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