«Se non l'aspettavo nuda mi puniva frustandomi»

Mercoledì 1 Aprile 2015
«Se non l'aspettavo nuda mi puniva frustandomi»
Il giudice Claudio Marassi li aveva esortati a ricercare un accordo nel tentativo di evitare un lungo processo. Niente da fare. Il maestro cordaio e la sua schiava si sono ritrovati l'uno di fronte all'altra a rivivere una relazione durata sette anni ma soprattutto la burrascosa fine del loro rapporto. Alessandro Carmignotto, 44enne barista di Cadoneghe, gestore di numerosi locali in città, assistito dagli avvocati Serena Pomaro e Fabio Capraro, deve difendersi dall'accusa di stalking. Messaggi, minacce, intimidazioni e pedinamenti nei mesi successivi alla separazione della coppia. Inevitabilmente la lunga deposizione dell'ex compagna, una commessa 33enne residente in un comune della cintura, costituitasi parte civile con l'avvocato Paola Malavolta, è stata incentrata a lungo su quello strano rapporto, regolato da un contratto di schiavitù. «Mi scriveva spesso biglietti - ha raccontato la donna - ma in realtà i suoi erano comandi. Voleva trovarmi nuda, in autoreggenti o con i tacchi quando rientrava a casa. A volte voleva che lo aspettassi in ginocchio. E se non eseguivo gli ordini mi aspettavano gli aghi o le frustate: dieci sul seno, venti sul sedere, cinquanta nelle parti intime». La commessa ha spiegato al giudice le ragioni che l'avrebbero spinta a dire basta dopo aver accettato per sette lunghi anni la condizione di subalternità al compagno: «Con il passare del tempo non ero più d'accordo. Dovevo stare legata, sospesa in aria, avevo il sangue alla testa. Non c'erano più le condizioni di sicurezza». A suo dire Alessandro Carmignotto era nervoso, insoddisfatto, cercava sempre nuove valvole di sfogo. «Sono stata costretta a cercare altre donne per i nostri giochi erotici - ha confessato la 34enne - era una richiesta continua. Non riuscivo più nemmeno a gestire nostro figlio. Ho dovuto aprire le porte ad altre donne che si lasciassero picchiare più duramente di me».
Sarebbe stata proprio l'entrata in scena di nuove protagoniste ad accelerare la fine della relazione: «Sono diventata gelosa quando nel nostro rapporto sono subentrate altre donne. Mi sentivo inferiore, non più bella e non più desiderabile. Lui mi accusava di essere possessiva. E ho pianto quando ho saputo che aveva baciato un'altra partner. Questo non avrebbe dovuto farlo».
L'ex compagna ha ribadito di aver vissuto nel terrore dopo essersena andata da casa con il bambino. «Mi arrivavano sms inquietanti - ha riferito - da cui capivo che lui era fuori di casa mia e mi stava osservando. Mi chiudevo dentro impaurita». In un'occasione Carmignotto l'avrebbe raggiunta dentro al negozio di Vigodarzere dove stava lavorando e le avrebbe puntato un dito al petto minacciandola per non aver risposto ai suoi sms. Dopo la separazione in due occasioni si sarebbero incontrati a casa. La giovane vi si sarebbe recata per recuperare effetti personali. Carmignotto l'avrebbe costretta in entrambi i casi a subìre un rapporto sessuale: «Ero intimorita, non riuscivo a reagire nè a respingerlo. Voleva che diventassi sua amica di sesso. Io ho opposto un netto rifiuto. Lui mi ha usata senza che io potessi impedirglielo». L'imputato ha reagito alle pesanti accuse della ex scuotendo nervosamente il capo. Il maestro Shibari, l'antica arte giapponese della legatura, è pronto a dare battaglia portando in tribunale testimonianze di segno opposto. Delle dodici denunce della commessa sono rimasti in realtà soltanto un paio di episodi di stalking, mentre il reato di maltrattamenti è finito in archivio: la donna aveva ammesso di aver sottoscritto volontariamente il contratto di schiavitù.

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