Padre e figlio, stesso destino: in carcere per omicidio

Domenica 24 Settembre 2017
AL DUE PALAZZI
BAGNOLI Alla fine è crollato. Dopo un lungo interrogatorio davanti al pubblico ministero Maria D'Arpa il 28enne imprenditore di origini catanesi Benedetto Maria Allia ha confessato di aver sparato a Francesco Mazzei e al marocchino Yassine Lemfaddel, uccidendo il primo e ferendo gravemente il secondo. Alla furibonda lite per questioni di denaro, poi sfociata in tragedia, hanno assistito alcuni dipendenti della LB Allia, sentiti a lungo dai carabinieri di Abano e del Nucleo investigativo di via Rismondo. Di fronte ai numerosi riscontri raccolti dagli inquirenti, Allia ha finito per ammettere le proprie responsabilità. In serata è stato accompagnato al carcere Due Palazzi con un provvedimento di fermo per omicidio volontario e tentato omicidio.
PADRE DIETRO LE SBARRE
È lo stesso istituto penitenziario in cui il padre Salvatore Maria Allia, 49 anni, sta finendo di scontare un residuo pena riferito ad una vecchia condanna per omicidio e soppressione di cadavere. L'ex imprenditore stava finendo di saldare il conto con la giustizia in affidamento ai servizi sociali, con residenza nella sua villa di Monselice. Ha però violato gli obblighi di condotta impostigli ed è tornato in carcere, in attesa del riesame del beneficio di cui godeva. Allia è stato quindi nuovamente arrestato dai carabinieri nel maggio scorso: sta ora scontando gli ultimi sei mesi di reclusione per l'uccisione di Paolo Grubissa, pierre di una discoteca, giustiziato la mattina del 24 novembre 2003 a Giussago, vicino a Portogruaro, per ragioni sentimentali. I due viaggiavano sulla Mercedes di Allia. Il pierre gli aveva spiegato che la sua relazione con la donna del catanese, Eva Pertosi, non era finita e che i due volevano andare a vivere assieme. L'ex imprenditore era andato in escandescenze e aveva frenato bruscamente l'auto. Aveva estratto la pistola dal cruscotto e l'aveva puntata acontro Grubissa che in un estremo tentativo di difesa aveva gridato: «Sei finito, i carabinieri sanno tutto dei tuoi loschi traffici. Andrai in galera». Era partito il colpo di pistola che aveva centrato il pr al volto, penetrando nello zigomo sinistro, fuoriuscendo dalla nuca e andando a distruggere il finestrino destro della Mercedes.
TRAFFICO DI ARMI
Secondo gli inquirenti a spingere Allia a compiere l'omicidio non sarebbe stato però il movente passionale, come da lui sempre sostenuto, ma l'essere finalmente venuto a conoscenza dalle concitate parole della vittima che era stato proprio Grubissa a tradirlo andando dai carabinieri per raccontare gli strani traffici di armi con i paesi della ex Jugoslavia notati nell'azienda dell'imprenditore siciliano a Monfalcone. Allia sapeva infatti che qualcuno dei suoi dipendenti lo aveva tradito. Dalla Sicilia aveva ricevuto una telefonata dove una «gola profonda» rivelava dell'avvenuto «tradimento». Allia aveva poi indicato con precisione agli inquirenti il luogo dell'omicidio e il nascondiglio della pistola. Per quel delitto Salvatore Allia ha rimediato una condanna a vent'anni di reclusione, di cui sta finendo di scontare l'ultimo residuo.
DROGA IN CARCERE
La figura dell'imprenditore catanese si intreccia però anche con l'ormai famosa inchiesta della Procura padovana sul traffico di stupefacenti, di telefoni cellulari e chiavette usb all'interno delle celle della casa di reclusione del Due Palazzi. Il nome di Salvatore Allia risulta in una delle inchieste-stralcio originate dal filone principale. Ad una delle guardie penitenziarie coinvolte, l'agente Francesco Corso, era stato contestato il reato di corruzione per aver ricevuto denaro da un paio di detenuti. Tra gennaio e maggio del 2012 - secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Squadra mobile - la guardia avrebbe procurato proprio ad Allia, in cambio di piccole somme, un telefono e modesti quantitativi di sostanza stupefacente.
Luca Ingegneri

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