Il processo Arpav è arrivato alle sue fasi conclusive. Già venerdì

Martedì 28 Giugno 2016
Il processo Arpav è arrivato alle sue fasi conclusive. Già venerdì è prevista la sentenza. Ieri in aula l'arringa dell'avvocato Giovanni Chiello, difensore dell'ex direttore di Arpav Andrea Drago, ha prodotto un'arringa di quattro ore. Tutto è iniziato, secondo l'accusa, quando Cappadona avrebbe cercato di costringere Andrea Drago, all'epoca direttore dell'Arpav di Padova, a scegliere come nuova sede dell'agenzia uno spazio all'interno del grattacielo Net Center di via Venezia il cui proprietario è il costruttore Mauro Bertani. In cambio della promessa non accettata da Drago, l'ex direttore dell'Arpav avrebbe dovuto ricevere una tangente di 300 mila euro. Sempre secondo l'accusa Cappadona avrebbe consigliato ed esortato Drago con tono e modalità perentorie a soddisfare le pretese di Bertani. Nella vicenda era coinvolto anche l'avvocato Giorgio Fornasiero, già condannato in udienza preliminare a due anni e sei mesi di reclusione e che questa mattina, difeso dall'avvocato Fabio Pinelli, attenderà l'esito dell'Appello. L'avvocato Chiello, fin dalle prime battute della sua arringa, ha puntato il dito sul luogotenente dei carabinieri Franco Cappadona.
«Un uomo onnipotente, capace di mettere Andrea Drago in un tritacarne mediatico. Il mio assistito a seguito delle decine e decine di articoli stampa contro la sua persona è stato allontanato dalla politica, dagli amici e le sue possibilità di proseguire la carriera si sono interrotte. Drago - ha proseguito Chiello - in questi anni ha vissuto nel terrore di non riuscire a dimostrate di essere stato contattato per ricevere una mazzetta e di averla rifiutata. Aveva paura di non avere nessun testimone».
Chiello ha poi inquadrato l'ambiente e l'atmosfera in cui si è sviluppato il caso Arpav. «É incredibile - ha sottolineato - come una lettera del procuratore generale Pietro Calogero all'allora procuratore capo Mario Milanese che lo metteva in guardia sul comportamento di Cappadona, sia stata persa. Non solo, ma ne sia stata trovata una copia nello studio dell'avvocato Fornasiero». Infine Chiello ha dipinto il maresciallo dell'Arma come un uomo potente e pericoloso «...Tanto che tutti gli imprenditori del Piovese e vari esponenti di Comunione e Liberazione gli chiedevano favori in continuazione...». L'avvocato Chiello alla fine ha chiesto un risarcimento per il suo assistito di un milione e 50 mila euro in solido tra i due imputati. Divisi in 800 mila euro per danni patrimoniali e 250 mila euro per danni morali. Inoltre altri 250 mila euro imputabili solo a Mauro Bertani. In totale un milione e 300 mila euro. Intanto lo scorso 23 maggio, il sostituto procuratore Federica Baccaglini titolare delle indagini, ha chiesto davanti al presidente del tribunale collegiale Alessandro Cappello Apostoli, quattro anni e sei mesi di reclusione per Franco Cappadona e tre anni e nove mesi per Mauro Bertani. «Se devo fare una classifica - aveva terminato la sua requisitoria Baccaglini - penso che i più colpevoli siano Cappadona e l'avvocato Fornasiero. Meno l'imprenditore Mauro Bertani». Ieri in aula nel primo pomeriggio è andata in scena anche la requisitoria dell'avvocato Paola Rubini, difensore di Mauro Bertani, che però riprenderà venerdì mattina.

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