Dolcetta: «Pop Vicenza causa per danni doverosa»

Lunedì 5 Dicembre 2016
Dolcetta: «Pop Vicenza causa per danni doverosa»
«Siamo arrivati alla fine di un processo avviato ai tempi della mia presidenza. Mi sembra un passaggio doveroso. Ora attendiamo la verifica dei profili di responsabilità e poi, sulla base di quelli, chi dovrà giudicare giudicherà».
L'amministratore delegato di Fiamm ed ex presidente di Popolare Vicenza Stefano Dolcetta Capuzzo, 67 anni, il 23 novembre del 2015 sostituì alla guida della banca berica il lider maximo Gianni Zonin. Per più di sette mesi ha guidato la banca berica chiudendo un bilancio lacrime e sangue (1,4 miliarid di perdite nel 2015), varando la traformazione in spa e fallendo lo sbarco in Borsa. Oggi l'imprenditore vicentino analizza la relazione del nuovo numero uno di BpVi Gianni Mion che farà da piattaforma di lancio per l'azione di responsabilità che dovrà essere approvata dai soci nell'assemblea del 13 dicembre.
Dottor Dolcetta, l'analisi messa a punto dagli avvocati dello studio legale Gatti Pavesi Bianchi e firmata dall'attuale presidente Gianni Mion ha rispolverato i casi dei finanziamenti ai fondi esteri Athena e Optimum, i finanziamenti per l'acquisto dell'hotel a Cortina e in generale ha messo in luce gravi criticità che avrebbero portato a danni per centinaia di milioni per la Popolare Vicenza. È sorpreso da questi risultati?
«Non mi sembra che vi siano sorprese. L'Ad Francesco Iorio aveva già sviluppato delle verifiche su questi aspetti come i finanziamenti ad Athena e Optimum. Io avevo cercato di far partire l'azione di responsabilità proprio per questi motivi. Ora, ripeto, si devono valutare i profili di responsabilità dei vari soggetti implicati in queste operazioni».
La relazione si concentra sui fatti dal gennaio 2013 al maggio 2015 anche se non esclude di allargare l'azione ad altre gestioni. Lei si aspettava che si prendesse di mira anche operazioni di anni precedenti?
«Quando eravamo partiti noi con le analisi avevamo analizzato anche anni precedenti, penso che stanno andando un po' per gradi».
Si parla di danni per centinaia di milioni: si aspettava un buco nero di queste dimensioni?
«È chiaro che se si comincia a parlare anche di danni reputazionali si inserisce una posta ulteriormente importante».
Lei è stato presidente di Popolare Vicenza dal 23 novembre 2015 al 7 luglio 2016. Potevate avviare l'azione di responsabilità prima?
«Successivamente all'assemblea che dava il via libera alla trasformazione in spa e dando avvia al processo di quotazione ci era stato chiesto di cambiare altri tre consiglieri. Attuate le nomine, a metà aprile di quest'anno, il consiglio di Popolare Vicenza era rinnovato per più della metà dei suoi membri e quindi si poteva avviare l'azione di responsabilità. Quando siamo partiti con la definizione dell'azione, il fondo Atlante, diventato nel frattempo l'azionista di controllo, ci ha chiesto di occuparci solo dell'ordinaria amministrazione e quindi abbiamo sospeso il processo che avevamo già avviato».
Avevate scelto già gli avvocati?
«Avevo proposto tre nominativi: avvocati assolutamente indipendenti e di standing elevato, non si è nemmeno arrivati al punto di poter procedere».
L'assemblea del 26 marzo non avviò l'azione di responsabilità: pentito?
«Se non ricordo male la delibera approvato delegò al successivo consiglio di avviare l'azione di responsabilità. Ci sono voluti mesi, ora ci siamo».
Le cause dureranno anni: giusto passare i soldi eventualmente incassati ai soci gabbati?
«Penso che l'unica via possibile per distribuire risorse ai soci sia quella dei dividendi. Bisogna capire cosa dice la Bce».
Cosa pensa dei tavoli di conciliazione e di rimborsare subito i vecchi azionisti? I circa settemila reclami parlano di richieste per oltre 600 milioni?
«Bisogna esaminare caso per caso, quantificare quanto è la cifra da versare e poi vedere se ci sono i capitali per fare questo. Avranno studiato la cosa. In ogni caso tra pochi giorni sapremo».
Anche lei è interessato al rimborso?
«Nel mio caso ha perso l'azienda e comunque non voglio parlare di me».
A cinque mesi dalla sua uscita da Popolare Vicenza ha qualche rammarico?
«Con la Bce mi ero impegnato a portare a compimento quattro passaggi: trasformazione in spa, aumento capitale, quotazione, nuovi soci. La quotazione non è arrivata, ma forse è stata una fortuna. Il resto l'abbiamo raggiunto. Ho traghettato la banca in una situazione completamente diversa, ora si possono affrontare dei progetti anche se la situazione rimane complicata. È stata un'esperienza molto più difficile del previsto, ma non sono assolutamente pentito di averla fatta».
È di questi giorni la sentenza del Consiglio di Stato che punta il dito sul recesso mancato per i soci contrari alla spa. Si poteva fare altrimenti?
«La Bce non ci dava alternative: non si poteva rimborsare i soci che volevano recedere. E noi ci siamo mossi in linea con quello che diceva la Bce».
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