TRIESTE - Anche sulla sete di giustizia per la morte di Giulio Regeni vale la ferrea

Domenica 9 Ottobre 2016
TRIESTE - Anche sulla sete di giustizia per la morte di Giulio Regeni vale la ferrea legge della fisica: ad azione corrisponde reazione uguale e contraria. Ieri stavano per battere le 12 sulla torre del municipio di Trieste quando la presidente della Regione, Debora Serracchiani, è uscita sul balcone del suo ufficio al Palazzo del Lloyd, ad angolo con le Rive, per il pubblico compimento di una vera e propria sfida: assieme a due aiutanti ha steso sul balcone medesimo uno striscione giallo con la scritta "Verità per Giulio Regeni". In tutto simile, se non proprio nella forma geometrica, a quello che il giorno addietro il sindaco Roberto Dipiazza aveva fatto rimuovere dal "suo" palazzo, al centro del colpo d'occhio sulla magnifica piazza Unità che si affaccia al mare.
Serracchiani e il Partito democratico regionale avevano stigmatizzato la decisione del sindaco, chiedendogli di ripensarci. Cosa che Dipiazza non ha fatto. A quel punto, sotto parecchi sguardi incuriositi, la presidente ha provveduto di persona a "riequilibrare" la situazione nel salotto buono della città. Poi ha affidato poche parole a Twitter: «Lo striscione per Giulio Regeni rimane in piazza Unità a Trieste, esposto sul Palazzo della Regione».
Amnesty International, in prima linea per ottenere giustizia sul caso Regeni, sprona ad esporre striscioni e foto di Regeni i triestini e gli altri che a migliaia e migliaia affolleranno oggi la città per la Barcolana. Ma intanto la polemica politica non accenna ad assopirsi. Dipiazza aveva parlato della rimozione come dell'avulsione di un dente cariato, spiegando il gesto con la strumentalizzazione politica che dello striscione "municipale" si sarebbe fatta. Ma se da sinistra le bordate si sono sprecate, non sono mancati dissensi anche autorevoli dal suo fronte politico, quello del Centrodestra, dove ad esempio la coordinatrice regionale di Forza Italia, la deputata ed ex assessore regionale Sandra Savino, non ha fatto mistero di non essere d'accordo con la sortita del primo cittadino. Ieri, invece, il capogruppo alla Camera e segretario friulano della Lega Nord, Massimiliano Fedriga, ha bollato come «squallida strumentalizzazione politica» la decisione della Regione, dicendosi comunque «disponibile in prima persona a recarmi dal Governo, anche in compagnia di Serracchiani, a chiedere che venga fatta luce» sul caso del giovane ricercatore ucciso in Egitto.
L'origine dell'uragano politico, che Dipiazza considera un'operazione di «sciacallaggio», si deve all'intenzione, con bozza già scritta, di proporre al Consiglio comunale triestino una mozione per impegnare la Giunta a rivisitare le regole di affissione di striscioni sulla facciata del municipio. Il fatto è che nelle conclusioni di tale bozza di mozione stava scritto l'impegno a rimuovere il giallo striscione per Giulio Regeni. La cosa sarebbe dovuta rimanere sottotraccia, almeno fino a un eventuale approdo formale in aula, tuttavia a pubblicare la bozza sui "social" è stato Paolo Menis, consigliere comunale 5 Stelle. Uno dei quattro promotori, Pietro Camber, ieri ha provato ad ironizzare su Facebook, spiegando che la vicenda ha smosso le acque e ha ricondotto il caso Regeni all'attenzione dell'opinione pubblica più ampia.
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