LONDRA - È psicodramma nel Labour dopo il voto di sfiducia a valanga del gruppo

Mercoledì 29 Giugno 2016
LONDRA - È psicodramma nel Labour dopo il voto di sfiducia a valanga del gruppo parlamentare (172 a 40, pari all'80%) con cui si è consumata ieri - dopo una gestazione di 9 mesi - la 'congiura' contro Jeremy Corbyn: il leader venuto dalle file della sinistra radicale interna eletto a furor di popolo solo a settembre. Un voto larghissimo, ma non vincolante e che Corbyn è deciso a sfidare: appellandosi agli iscritti a costo di certificare la spaccatura totale nella maggiore forza di opposizione britannica, a nemmeno di una settimana dal referendum sulla Brexit e dalla bufera scatenatasi sul Partito Conservatore di governo con l'annuncio delle dimissioni di Cameron. Una situazione di cui i laburisti, in crisi di consenso da anni, avrebbero potuto cercare di approfittare. Se non avessero preferito decidere di regolare piuttosto conti interni, in una frattura che è anche fra la nomenklatura e la base. Corbyn, 67 anni, fu chiamato a sorpresa al timone della barca laburista dopo il disastro elettorale del maggio 2015 con oltre il 60% dei consensi dei militanti (un record). Ma la campagna referendaria considerata «troppo tiepida» dalla maggioranza del partito e condotta, dicono i contestatori, in favore dell'Ue (Corbyn ha un passato euroscettico contro «l'Unione dei mercati e delle banche») ha fatto traboccare il vaso. Ma in realtà la posta è in gioco è un'altra: le dimissioni di Cameron potrebbero aprire la strada a elezioni politiche anticipate e gli ammutinati di Westminster non credono di poterle vincere con Corbyn. Alcuni, anzi, a cominciare dagli orfani 'lib-lab' di Blair, non le vorrebbero nemmeno vincere, quand'anche fosse possibile, con una piattaforma di sinistra pacifista e anti-austerity.

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