L'invito su Facebook «Venite si mangia gratis»

Domenica 24 Luglio 2016
Ha dato forma all'orrore che fino a quel momento aveva visto scorrere davanti ai suoi occhi attraverso le immagini, realistiche ma distanti, sullo schermo della tv, del pc e dello smartphone. Ali Sonboly, il 18enne che a Monaco è entrato in un McDonald's con in pugno una Glock 9mm e ha sparato sulla folla uccidendo dieci persone, ha deciso così di rendere reale la finzione, di diventare lui stesso protagonista di quegli assalti vissuti chissà quante volte con un gamepad in mano, con videogiochi in stile “Gta”, uno dei più famosi simulatori di scorribande, rapine e sparatorie in città. E chissà quante volte sognava di trovarsi lui con un'arma in mano e di seminare il terrore in quelle strade popolate solo da nemici vestiti in abiti civili, gli stessi che lo prendevano in giro a scuola e lo umiliavano, gli stessi che lui voleva vedere fuggire disperati davanti alla sua determinata follia.
Il terribile delirio di Ali è intriso dell'immaginario violento della nostra epoca. Quello dei videogiochi e dei film d'azione ma anche dei telegiornali e dei video senza filtri che è sempre più semplice trovare sui social network e che gli adolescenti si scambiano in chat.
Social network che anche in questo caso hanno avuto un ruolo di primo piano, nel bene e nel male. Tramite Periscope sono arrivate le prime immagini del sangue, i primi rumori degli spari. Tramite Twitter abbiamo visto quel filmato surreale in cui un uomo, salito su un tetto per ripararsi dai colpi, si rivolge direttamente al killer e lo insulta, senza mollare il telefonino e riprendendo tutto. Tramite Facebook, per la quarta volta in sei settimane, chi si trovava nell'area dell'attentato ha potuto rassicurare parenti e conoscenti sul proprio stato di salute grazie al “Safety check”. E sempre tramite Facebook l'attentatore avrebbe pianificato la sua azione folle, violando il profilo di una ragazza e cercando così di attirare più coetanei possibile in quel fast food, dando loro appuntamento e promettendo cibo gratis. Una trappola 2.0, che fa leva su un'altra moda del Web, i “flash mob”, eventi improvvisati che si organizzano con il passaparola sui social.
Una mente turbata e fragile può prendere spunto da qualsiasi cosa per sfociare nella follia. La colpa non si può di certo attribuire ai videogiochi, ai film o, ancora peggio, al Web e ai social network, anche se il ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maizière ieri ne ha invocato la regolamentazione. Ma è certo che le scene di violenza con cui gli adolescenti hanno a che fare oggi sono sempre più realistiche ed esplicite. Il nostro mondo, grazie alla tecnologia, è un mondo in presa diretta, che altrettanto direttamente viene fruito, da tutti.
Il tabù della violenza è stato sdoganato e i più giovani hanno confidenza con certe scene. I film e i videogiochi non hanno fatto altro che adeguarsi al voyerismo diffuso. Ciò non implica che i ragazzi vengano plagiati o istigati, ma che probabilmente, in un'altra epoca storica, per mettere in scena il suo “suicidio allargato”, come lo chiamano gli psicologi, Ali avrebbe avuto molti meno esempi a disposizione.
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