L'Fbi conosceva bene Ahmad Khan Rahami, l'afghano-americano che ha terrorizzato

Mercoledì 21 Settembre 2016
L'Fbi conosceva bene Ahmad Khan Rahami, l'afghano-americano che ha terrorizzato New York disseminando bombe sulle due sponde dell'Hudson. La polizia di Elizabeth nel New Jersey lo aveva arrestato per alcuni giorni due anni fa e allertato l'agenzia federale del possibile rischio che il giovane fosse tentato dalla militanza terrorista. Il suo nome era segnalato negli aeroporti per la necessità di un livello superiore di controlli, e lo stesso padre, rifugiato politico negli Usa dal 1995, aveva sospettato di avere in casa un estremista pronto ad entrare in azione. Ma dopo due mesi di indagini Rahami era stato scagionato da ogni sospetto, escluso da ulteriore vigilanza, e lasciato libero di organizzare gli attentati che ha cercato di compiere lo scorso fine settimana.
IL TACCUINO - Gli agenti che lo hanno preso in custodia dopo la sparatoria di lunedì non lontano dalla sua abitazione hanno trovato nel suo zainetto un taccuino che contiene note sparse di elogio ad altri martiri dell'attivismo jihadista, dal predicatore americano-yemenita Anwar Al Awlaki, che è stato ucciso da un drone statunitense cinque anni fa, ai suoi seguaci stragisti: l'assassino di Fort Hood Nidal Malik Hasan e i fratelli Tsarnaev che agirono alla maratona di Boston tre anni fa. Rahami è ancora in ospedale, in degenza dopo le operazioni multiple che hanno ricucito le ferite dei tre proiettili che l'hanno atterrato lunedì mattina, mentre i due agenti feriti sono stati dimessi. Non gli è stato ancora comunicato lo stato di arresto, nella speranza che possa fare rivelazioni ancora prima di vedere un difensore, ma nel frattempo è stato raggiunto da cinque capi di accusa per tentato omicidio, per ognuno dei poliziotti contro i quali ha sparato prima della sua cattura, e la cauzione è stata fissata a 5,2 milioni di dollari.
Un'ex fidanzata dell'attentatore, intervistata ieri dalla rete televisiva Foxnewes, lo ha descritto come uno che odia la cultura americana e gli omosessuali: «Diceva quanto fosse diverso nel suo Paese e che non c'erano omosessuali in Afghanistan. Non ho mai pensato che potesse fare una cosa del genere, credo che gli abbiano fatto il lavaggio del cervello».
LA DENUNCIA - La parola “terrorista” era stata urlata nei confronti di Rahami dal padre Mohammad, durante una lite domestica tra fratelli due estati fa. Un vicino di casa che l'aveva ascoltata ne informò la polizia e poi l'Fbi che interrogò il padre due volte. L'uomo disse di aver parlato in preda alla rabbia, ma ammise che era preoccupato dalle frequentazioni di suo figlio con giovani di dubbia reputazione. Gli inquirenti però non trovarono nulla contro Ahmad e lo rilasciarono, libero di tornare in Pakistan, dove in un viaggio precedente aveva visitato la città di Quetta, nota per la presenza di talebani, e dove aveva trovato moglie. In Pakistan era tornato nell'aprile del 2013, e ci era rimasto fino al marzo del 2014, con una breve escursione in Afghanistan. Al ritorno negli Usa aveva cercato l'aiuto di politici del New Jersey per facilitare la pratica di emigrazione della moglie, rifiutata perché lei era incinta (anche un neonato ha bisogno di un suo visto autonomo dai genitori), e perché era in possesso di un passaporto pakistano scaduto. Secondo voci non ancora confermate la moglie (che forse successivamente aveva ottenuto un permesso di ingresso) e la mamma di Rahami avrebbero lasciato gli Usa pochi giorni prima degli attentati: gli investigatori starebbero cercando di contattarle in Europa o in Pakistan. Finora finora non sono emerse prove di collegamenti tra il giovane e altri terroristi. Nessuna rivendicazione è stata fatta dai talebani pachistani, noti per aver tentato di pilotare l'attentato dinamitardo fallito a Times Square nel 2010. Rahami sembra rappresentare la figura di un ideale “cane sciolto” al quale fanno appello le chiamate all'azione jihadiste: un cospiratore invisibile, pronto ad entrare in azione.
© riproduzione riservata

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci