L'Europarlamento vota: «Londra fuori subito»

Mercoledì 29 Giugno 2016
BRUXELLES - Per evitare di rimanere ostaggio dei tentennamenti britannici, Parlamento e Consiglio europeo hanno chiesto ieri a Londra di notificare il prima possibile la decisione emersa dal referendum di uscire dall'Unione europea. Un voto, quello del Parlamento europeo, preso a larghissima maggioranza con il voto contrario di Farage e del suo gruppo xenofobo e antieuropeista al quale, malgrado i contorsionismi di Di Maio, appartengono i Cinquestelle.
LA TENSIONE - Il clima nei palazzi dell'Unione è particolarmente teso. Ufficialmente si attende che Londra invochi l'articolo 50 del trattato di Lisbona, ma a Bruxelles si teme che gli inglesi vogliano tenere a lungo sulla corda i Ventisette nella speranza di avviare prima una trattativa che consenta a Londra di strappare uno status particolare che impedisca a scozzesi e irlandesi di chieder l'indipendenza dal Regno Unito. Ipotesi che però ieri Angela Merkel ha negato con decisione sostenendo che «l'Ue non può iniziare i colloqui formali o informali sulla Brexit fino a che il Regno Unito non attiva l'articolo 50» del trattato. Se la Ue è ostaggio del disastro britannico la Merkel intende concedere agli inglesi un po' di tempo, ma nulla sui contenuti: “Non si aspettino - aggiunge la Cancelliera - gli stessi privilegi di prima senza rispettare gli obblighi”. Una posizione pienamente condivisa da Matteo Renzi, secondo il quale “in una famiglia bisogna accettare le cose buone e quelle cattive. Non si può prendere il mercato unico e non l'immigrazione”. Parole ferme che servono anche a mettere in guardia quei partner - come Portogallo e Polonia - che, dietro un'apparente sintonia con la posizione ufficiale, nascondono atteggiamenti più concilianti. “Chiedo a Londra di fare chiarezza”, ha insistito il presidente della Commissione Juncker, perché “non possiamo permetterci di accomodarci in una lunga incertezza”.
Lo sconfitto Cameron, che ieri ha preso parte al suo ultimo consiglio europeo salutando in serata, ha cercato di gettare acqua sul fuoco sostenendo che il Regno Unito “lascia la Ue ma non le voltiamo le spalle”. Restare nel mercato comune è obiettivo di Londra ed è facile prevedere che anche il nuovo governo, che dovrebbe arrivare ai primi di settembre, proverà a vendere cara la pelle.
La compattezza mostrata dal Consiglio e dal Parlamento europeo risulta essere l'arma migliore per tenere gli inglesi sotto pressione e provare a scaricare su Londra il peso della scelta. Al Regno Unito è stata già notificato che non potrà presiedere il semestre europeo del prossimo anno. Quanto durerà il braccio di ferro e chi pagherà nell'immediato il prezzo più alto, è difficile dirlo ancora. Il consiglio europeo di ieri è stato ovviamente monopolizzato dalla Brexit, mentre il tema dell'immigrazione è finito allo sfondo, ma resta valido l'impegno preso da Germania, Francia e Italia a Berlino di organizzare a settembre un consiglio europeo, forse a Bratislava, tutto incentrato, oltre che sul tema dei migranti, anche su crescita e occupazione.
Proprio la strategia dei compact Ue con i Paesi africani incassa l'endorsement dei leader europei. Ma resta lo scoglio dei finanziamenti. «La gran parte delle nostre iniziative stanno passando. Poi per i ritocchi ci sarà ancora tempo», commenta il ministro dell'Interno Angelino Alfano, che oltre ad insistere sulla necessità dei rimpatri, avverte: sulle risorse «ci saranno ancora negoziati, ma è chiaro che è difficile cantare messa senza soldi».
Di fatto comunque la discussione sulla Brexit ha oscurato la crisi dei migranti. L'emergenza dell'impatto del voto referendario in Gran Bretagna lo ha imposto, dettando nuove priorità, anche se - come sottolinea il premier Matteo Renzi - l'Unione per rilanciarsi dovrà «avere visione» e pensare alle sue strategie ripartendo «dai valori», quindi anche da una maggiore solidarietà nell'affrontare la sfida migratoria. Se l'intesa con la Turchia per ora regge e gli arrivi in Grecia sono calati drasticamente, preoccupano invece i numeri sulla rotta del Mediterraneo centrale, dalla Libia verso l'Italia, «soprattutto di migranti economici», che «si mantengono allo stesso livello dello scorso anno». Erano 66.144 nel 2015, sono 66.335 nel 2016, secondo i dati Frontex. «Devono essere ridotti, in modo da salvare vite e smantellare il modello di attività dei trafficanti» si legge nel documento di conclusioni del vertice. Per questo si pensa di mettere in piedi i primi 'compact' Ue con i Paesi africani.
Ma. Con

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