Il Nordest oltremanica con un "portafoglio" da 7,9 miliardi di euro

Martedì 28 Giugno 2016
Il Nordest oltremanica con un "portafoglio" da 7,9 miliardi di euro
VENEZIA - Auto, abbigliamento, forni, bruciatori, macchine di sollevamento, medicinali, motori e turbine, vini, mobili, accessori auto, macchine speciali per i settori industriali e calzature sono i principali beni che l'Italia esporta nel Regno Unito.
Tutti prodotti che, annota l'Ufficio Studi della Cgia di Mestre, - fanno parte della grande famiglia del «made in Italy» che, alla luce della decisione dei britannici di uscire dall'Ue, potrebbero subire una contrazione con effetti negativi per i rispettivi settori di appartenenza. L'export oltre Manica, secondo l'associazione artigiani, nel 2015 ha toccato un valore complessivo di 22,4 miliardi di euro, mentre le importazioni hanno raggiunto quota 10,5 miliardi, con un saldo commerciale pari a 11,9 miliardi. A livello territoriale, è il Nordest (7,9 miliardi di euro) la macro area più interessata dalle esportazioni in Gran Bretagna. Segue il Nordovest (7,8 miliardi) il Centro (3,6 miliardi) e il Mezzogiorno (2,7 miliardi). A livello regionale, invece, la parte del leone la fanno la Lombardia (5,3 miliardi), il Veneto e l'Emilia Romagna (ciascuna con 3,4 miliardi), il Piemonte (2,3 miliardi) e la Toscana (1,8 miliardi). Queste 5 regioni esportano più del 70% del totale.
«È difficile prevedere cosa succederà. Nei prossimi 2 anni - ricorda il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - tra Londra e Bruxelles dovranno essere ratificati 54 accordi commerciali e, salvo sorprese, le transazioni ritorneranno ad essere soggette ai dazi doganali e al pagamento dell'Iva. Non è da escludere, inoltre, la possibilità che vengano introdotte alla dogana barriere non tariffarie che potrebbero ostacolare l'attività commerciale, imponendo agli esportatori livelli particolari di sicurezza e di certificazione dei prodotti. Pertanto, la trattativa tra il Regno Unito e l'Unione europea sarà lunga, complessa, estenuante e dagli esiti attualmente non prevedibili».
La Brexit, rileva la Cgia, ha ripercussioni anche sul piano politico. «Se fino a qualche anno fa c'era la fila per entrare nell'Unione europea - dichiara il segretario della Cgia Renato Mason - ora, invece, in molti chiedono di andarsene. La responsabilità di questa metamorfosi è quasi del tutto ascrivibile agli euroburocrati che hanno intrapreso politiche economiche poco oculate, prolungando gli effetti della crisi e facendoci precipitare in una spirale deflazionistica molto preoccupante. Se dopo la Brexit si vuole evitare un effetto domino che travolga tutto bisogna cambiare registro; rilanciando le politiche di sviluppo in grado di riportare lavoro, crescita e benessere».

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