Il dolore di un bambino: «Papà, dov'è mamma?»

Mercoledì 31 Agosto 2016
Le lacrime di pioggia che scendono sul capannone in cui si svolgono le esequie, e che hanno bagnato i familiari dei defunti di Amatrice insieme alla memoria dei loro cari, partecipano in qualche modo allo strazio. Anche ravvivando i mazzi di fiori che fin dal mattino quel che resta dei Serafini, dei Di Cola, dei Neroni, dei Bonamici e delle altre genti decimate dal sisma ha cominciato a portare verso la tenda adibita a chiesa. Chiedendo, lungo il tragitto, ai volontari della Croce Rossa: «Potete tenere questi fiori per un po' nei vostri frigoriferi da campo, così diventano ancora più freschi e più belli per quando dobbiamo dare l'ultimo addio?». C'è chi arriva alla cerimonia insieme al carro funebre: «Appena finisce, portiamo zio Carlo a Roma». Qualcuno si fa accompagnare dallo psicologo, altri pregano lungo la marcia di avvicinamento alla schiera delle bare, altri ancora camminano aggrappati agli infermieri che chiedono alla mamma rimasta sola: «Signora bella, hai preso la pastiglietta?”»(ossia il calmante). Poi lo strazio è quello di un bambino, 7 anni, l'unico presente ai funerali, ancora in tenuta da calcio. Ha appena finito di giocare la partitella di calcio con i volontari. Gli è morta la sorella Caterina Amodio, 14 anni, di cui carezza il feretro in prima fila, e non ha più neppure la madre di cui chiede notizie: «Hai provato a salvare mamma?». «Sì, ma era sommersa - così gli risponde lo zio - dai calcinacci”. «E che cosa sono i calcinacci», domanda il piccoletto.
La signora Grossi, per tutto il pomeriggio, sta seduta tra le bare dei due figli. Una mano è poggiata continuamente sulla cassa di sinistra, dove riposa Anna, 21 anni, e l'altra è ferma sulla bara di destra che contiene il corpo del primogenito, Franco, 23 anni. Lei ha il volto tutto nero per i lividi causati dal crollo di quella notte. E così è ridotta anche la donna che siede poco distante: «Maledetto, maledettooooo!!!», grida e ce l'ha con il Padreterno che non ha avuto pietà di sua sorella, di suo cognato e di sua nipote.
Intanto, a poche centinaia di metri dal capannone dei funerali collettivi, si trova il piccolo cimitero, mezzo diroccato, di Amatrice dove la famiglia Sigismondi sta tumulando la madre e il papà di Riccardo, 8 anni, ed è morto con loro anche questo bambino biondo che giocava a pallone nella Lodigiani (vivevano a Roma), la squadra in cui è cresciuto Francesco Totti. I “mister della Lodigiani” hanno fatto arrivare una corona di fiori e un tenero amichetto occhialuto di Riccardo guarda gli operai che chiudono il loculo e racconta: «che ci sarà anche una partita di calcio tutta dedicata a lui». Alla quale chissà se prenderà parte anche Flavio, 6 anni, che tenuto a debita distanza dal funerale, chiede al padre, gli è rimasto solo quello, davanti alla palestra-dormitorio gestita dalla Croce di Malta: «Ma mamma dove sta?».
I bambini nella giornata dello strazio sono stati al centro di una riunione tra il sindaco, gli psicologi e alcuni superstiti per decidere se farli partecipare alle esequie. Si è preferito di no, tranne per chi lo chiedesse con particolare convinzione. Alcuni ragazzini hanno chiesto di poter andare a vedere la propria casa, gli psicologi hanno acconsentito - «Può essere la prima forma di avvicinamento alla cognizione del dolore, ma poi bisognerà dire loro che hanno perso i genitori» - e i motociclisti della Protezione Civile, nella speranza di farli svagare un po', li portano a cavallo di potenti mezzi da cross verso il luogo dove vivevano e in cui la vita gli è crollata addosso. Il presidente di Telefono azzurro, Enzo Caffo, racconta in questa valle di lacrime: «Un bambino che non parla mai ha costruito una casetta di Lego prima di lasciare il paese e andando via mi ha detto: quando torno la ritrovo, vero? Non è che sarà caduta?».
Il funerale sta andando avanti. Il presidente Mattarella accarezza con gli occhi lucidi la scena e poi, quando va a confortare questa gente spaesata, a un nonnetto con cappello da baseball in testa dà un paio pacche di incoraggiamento sulla spalla con un vigore che non ci si aspetterebbe da un tipo misurato come lui ma rivelatosi spiritualmente molto energico in questi frangenti.
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